La Borsa Internazionale del Turismo di Milano si chiude oggi ed è già tempo di (s)bilanci. Momento non bello. Per il mondo, il turismo e per la stessa fiera, che sembra aver perduto la sua funzione di “evento” nazionale. Ecco allora una serie di semiserie considerazioni su una manifestazione che riflette tutta la crisi, l’incertezza e il travaglio in cui stiamo vivendo.

A come Atlantico. Ma l’oceano non c’entra. È il famoso codice leonardesco (così chiamato perché le sue pagine sono tutte incollate su fogli formato atlante), custodito all’Ambrosiana di Milano. E stavolta reso visibile in esclusiva nel postfiera, grazie a un’idea brillantissima dell’Ente del Turismo Francese. Chapeau!
B come Bit, è naturale. La fiera ha ancora un senso? Non ha più un senso? A giudicare da presenze, assenze e contesto generale, ne ha sempre di meno. Però è una rimpatriata per tutti (vedi G di giornalisti). La questione è se tanto basti ancora…
C come casino, caos, caciara: ovunque bande, rumori, tamburi, ottoni, insopportabili pseudoflolklori che con il loro frastuono impediscono di lavorare. A tutti, compresi gli stessi committenti. Passino i silenziosi cortei di damine in costume rinascimentale, ma le steel band peripatetiche tra i padiglioni è davvero troppo. Mah!
D come duemiladodici: cioè l’edizione dell’anno prossimo. Speriamo vada meglio è il minimo che si può dire. Ma soprattutto è essenziale che la fiera ritrovi il suo sprint. Non solo commerciale: di più!
E come Europa. Avvistato nel padiglione 2 uno stand istituzionale dell’Unione Europea. Ma che c’entra, scusate? Capisco che si faccia di tutto per riempire gli spazi vuoti, ma a volte si esagera.
F come Fuori Bit: invece di tante, noiose, costose, sempre uguali cene, la grande novità di quest’anno è stato un accattivante calendario di appuntamenti culturali post fiera disseminati per la città. Un po’ dispersivo e faticoso da seguire, ma pieno di cose interessanti. Buon segno.
G come giornalisti, è ovvio. Per noi/loro, la Bit è ormai un amarcord da ciglio umido e dolci aneddoti di come eravamo. Tradotto in termini attuali: l’informazione del settore è da rifondare. O forse no, basterebbe che i giornalisti facessero i giornalisti e i turisti i turisti. Ma per fare i giornalisti ci vogliono giornali che pubblicano articoli e li pagano, non giornalisti che pur di scrivere finanziano i giornali.
H come Hack, nel senso di Margherita, la famosa astrofisica. E’ andato al lei (influenzata e quindi assente), “esploratrice del cielo”, il premio Neos dell’omonima associazione dei giornalisti di viaggio presieduta da Laura Mulassano.
I come illusione. Una volta si veniva alla Bit per sognare viaggi esotici ed illudersi, un giorno, di poterli realizzare. Poi si è venuti alla Bit illusi che fosse diventato possibile a chiunque andare dappertutto, senza rischi, a bassi costi, cotoletta per pranzo inclusa. Ora ci si illude che viaggiare e turismo siano ancora la stessa cosa. In fondo, illudersi non costa nulla.
L come lunch: un tempo a mezzogiorno la fiera si trasformava in un immenso ristorante etnico; ora, con lo stringersi dei cordoni della borsa, i pochi buffet dettano i tempi delle transumanze dei giornalisti e degli accreditati. Cosa non si farebbe per un panino e una birra in santa pace! E invece nada…Un vero contrappasso!
M come metropolitana: la prova più evidente di un’edizione moscia della fiera è che quest’anno si arrivava e si ripartiva in tutta calma, trovando perfino posto seduti nonostante l’ora di punta!
N come nulla da trasportare: nell’era dei pen drive e dell’austerità, sono spariti come d’incanto (quasi) tutti i pesantissimi cataloghi, cartelle stampa, freepress. Cestini vuoti, borse leggere. E a fine fiera un nitore per terra che faceva quasi impressione.
O come Oriente, nel senso di Medio. Atmosfera surreale. Ministri che vengono in fretta e furia per tenere conferenze stampa rassicuranti. Pr affannati nello spiegare che in realtà non succede nulla e tutto è tranquillo (magari è vero). Sguardi circospetti. Argomenti glissati. Sembra di aver saltato un turno, come nel gioco dell’oca.
P come pubblicità. Tutti ne vorrebbero (gratis), tanti cercano inutilmente di venderla. In un mondo del turismo senza redditi, il mercato piange. Perfino lo scambio merce è in crisi. Quindi delle due, l’una: o certe affissioni-monstre viste in occasione della fiera sono state regalate, o chi le ha fatte abbondava di fondi. Oppure non ha capito che aria tira.
Q come qualità. Dopo anni di opportuno silenzio, si è risentito affiorare il desueto termine “turismo di qualità”. Quello che tutti vorrebbero per le proprie destinazioni. A distanza di qualche lustro riesumo allora anch’io una domanda dimenticata: chi mi sa spiegare, in pratica, che vuol dire “turismo di qualità”. Così, tanto per capirsi…
R come ridimensionamento. E’ la parola d’ordine di quasi tutti gli espositori: ridurre gli spazi, le spese, l’impegno. Chi prima occupava interi padiglioni, oggi si accontenta di qualche stand. Qualcuno è sparito del tutto. L’unica cosa che non si è ridimensionata è il volume (assordante) dei microfoni degli speaker-comizianti. Ma meno berci, no?
S come stravaccati. E’ vero, ai tempi d’oro i corridoi erano stretti più di un suk e uno strapuntino per sedersi era ricercato come un’oasi. Ma ora le immense “aree relax” disseminate di puff stile Fantozzi, che, complici gli spazi vuoti, riempiono i padiglioni, sono avvilenti. E sono inqualificabili i tanti che ci si appisolano per mezz’ore senza ritegno.
T come TTG. Sono sempre più numerosi gli espositori – enti, tour operator, etc – che “scappano” dalla Bit di Milano per ritrovarsi nella più intima e molto meno costosa kermesse riminese. Speriamo che chi di dovere se ne accorga in tempo.
U come uffa. Incredibile: mai era successo di lasciare la Bit con l’angoscia (ma sì, buttiamola sul melodrammatico) di aver perso qualcosa, saltato qualche appuntamento, mancato di salutare qualche amico. Quest’anno alle 5 era tutto un dire “uffa, e ora che faccio fino alle 6?”.
V come viaggiare. Parola che sembra aver perduto significato. Tanti lo vorrebbero fare e alla fine si accontentano di rimanere turisti. Molti ancora dicono di farlo ma non lo fanno. Domanda. Ma per viaggiare, o imparare a farlo, c’è bisogno di andare alle fiere?
Z come zero. Ad esempio la proverbiale coda di fine giornata per ritirare i cappotti al guardaroba. Tempo medio del passato: 20 minuti. Tempo quest’anno: zero, appunto. Merito di un servizio diventato efficientissimo? No, merito della bassissima affluenza. Un altro segnale inquietante.