Storie ai confini della surrealtà in comune di Sutri, alle porte di Roma: lo spaccio di una cooperativa di agricoltori costruisce senza “parere” l’accesso per gli handicappati, il comune vuole farglielo abbattere. Olio, vino e verdura? Riservati ai normodotati.

Se, come dice un mio caro amico geometra, l’edilizia è una giungla, il dedalo e il garbuglio delle norme che la circondano, aggiungo io, sono la foresta amazzonica. Luogo ideale per gabole, corruttele, giochini, imboscate, furberie e cavilli sui quali vive questa repubblica basata sulla marca da bollo. E strumento perfetto per perpetuare il regime di socialismo reale, ancorchè occulto (ti pago un modesto stipendio per fingere di fare un lavoro o per fare un lavoro inutile), che impregna il nostro disgraziato paese.
La maglia burocratica dalla quale siamo avviluppati ha sempre, va da sè, una sua ratio giuridica. Si presta cioè, ed anzi è forse proprio pensata allo scopo, a offirire sempre il fianco a qualche inoppugnabile argomentazione tecnica, idonea a tacitare, se non conculcare, qualsiasi eccezione dettata dal buon senso della gente comune. La stessa che lavora e paga, con le tasse, l’opprimente sistema.
Non mi sono mai dimenticato quanto uno strabicamente solerte ufficio provinciale mi oppose un quarto di secolo fa, quando vagheggiavo di restaurare un rustico: devi ampliare la finestra perchè è troppo piccola rispetto alla stanza che deve illuminare, ma siccome la finestra è antica non ti diamo il permesso di ampliarla (il cosiddetto paradosso del rapporto tra superficie illuminante e superficie illuminata).
Ne nacque un caso, come ne sono nati a miliardi a causa della menzionata giungla normativa nazionale in materia di costruzioni.
Quello che però ha reso noto oggi (ad esempio, qui) un altro amico li supera quasi tutti perchè, oltre che del surreale, ha del beffardo. Per non dire peggio.
Sintetizzo la questione, specificando che non m’importa nulla di chi cavillosamente abbia, regolamenti e pandette alla mano, torto o ragione. Mi limito a rimarcare l‘assurdità punitiva e ottusa di certi provvedimenti. Tanto ottusi e tanto punitivi da poter anche indurre a pensar male.
Dunque, c’è una cooperativa di agricoltori che a Sutri, cioè a nord di Roma, apre un punto vendita dei prodotti agroalimentari di alta gamma dei propri associati.
Il capannone che ospita la struttura era già dotato di una rampa per l’accesso dei disabili. Una rampa pro forma, però, ripida come un quarto grado o i tornanti dello Stelvio e quindi scalabile solo da alpinisti esperti e grimpeur quali, per sfortuna, i portatori di handicap non sono.
Traduzione: più che una rampa, quella era una barriera architettonica camuffata da rampa.
E allora che fanno i bravi, pragmatici agricoltori, animati da sano buon senso?
Ne fanno una nuova. Vera stavolta, praticabile. Ma dimenticano di chiedere alla regione il parere paesaggistico.
Un comune normale – dice il mio amico – ci avrebbe concesso un’autorizzazione provvisoria in attesa del parere. Il nostro, invece, l’ha negata. Noi, che senza rampa per disabili ovviamente non potevamo stare, l’abbiamo costruita lo stesso. Ci aspettavamo, per questo, di dover pagare gli oneri di urbanizzazione e una multa. Invece no, ci è arrivato l’ordine di demolizione“.
Avete letto bene: il comune, anzichè, come giustamente si usa, pretendere che la struttura si dotasse di rampa per i disabili, gliela vuole far abbattere. Un mondo capovolto.
In pratica, per la locale pubblica amministrazione, solo i normodotati potrebbero raggiungere la cooperativa e comprarsi formaggi artigianali, olio extravergine, vini di qualità, carni scelte, eccetera. Almeno fino a che i titolari non giungano in possesso, tra qualche secolo, del necessario parere. Il quale, ulteriori secoli dopo, darà la stura all’agognata autorizzazione a costruire la rampa.
Nel paese delle villette, delle sanatorie, dei condoni, dei nanetti in giardino, del kitsch elevato a modello, degli infissi in alluminio, delle tettoie in lamiera e del finto rustico, succede anche questo.
E può anche darsi che, in termini formali ma non certo normali, il comune finisca per aver ragione.
A dimostrazione che anche il cambio di una consonante può generare mostri.