Leggo una notizia strabiliante, di cui non so quale sia la parte peggiore.
Col 1 gennaio è scattata la possibilità di accedere al “Veicoli sicuri”, uno dei millanta bonus governativi che ormai attirano i cittadini come mosche e che hanno messo in moto un’enorme macchina di business, nonostante i benefici spesso risibili, la montagna burocratica da superare per ottenerli e i già comprovati rischi di truffa.
Quello in parola, però, li supera tutti.
Per avere indietro dalla Motorizzazione Civile l’iperbolica somma una tantum di 9,95 (nove e novantacinque) euro dei circa 79 necessari per revisionare l’auto, dall’inizio dell’anno ad oggi ben 23.645 nostri concittadini si sono imbarcati in un’assurda trafila che prevede di “registrarsi alla piattaforma attraverso le credenziali dell’identità digitale Spid, oppure la Carta d’identità elettronica (Cie) o la Carta nazionale dei servizi (Cns, poi bisogna compilare il modulo con numero di targa del veicolo (che deve essere intestato alla stessa persona che chiede il rimborso), data e luogo dell’avvenuta revisione, nome, cognome e indirizzo email dell’intestatario e iban, al documento deve essere aggiunta in allegato la copia dell’attestazione dell’avvenuto pagamento della revisione, dopodichè il rimborso arriva sul conto corrente”.
Anche sottostimando il valore medio del tempo di un italiano medio nei 10 euro/ora necessari per una colf al nero, ho valutato che l’espletamento dell’iter, pur al netto di prevedibilissimi intoppi informatici eccetera, non può richiedere, ben che vada, meno di due ore.
Ne consegue che per risparmiare 9,95 euro ne ho spesi 20.
La follia per il bonus fa dimenticare il malus e tutti sono contenti.