10 surreali casi dedicati agli aedi della fattura elettronica e della digitalizzazione forzata del mondo.
A quasi un mese dall’entrata in vigore della cervellotica norma il caos è ormai totale, eppure non passa giorno che non si rivelino nuove sfaccettature dell’insana iniziativa fiscale.
Eccone alcune, tutte ovviamente provate sulla mia pelle.
- CONFORME MA DIFFORME. Dicono che, ma solo “pro memoria” e quindi senza valore formale, il fornitore può consegnare o inviare al cliente una copia cartacea “di cortesia”, che deve appunto recare espressamente tale dicitura. Ora, a parte il fatto che spesso la dicitura manca (problemi dell’emittente, ma qualcuno potrebbe essere comunque tratto in inganno), il bello è che altrettanto spesso la descrizione del prodotto o della prestazione compare sul cartaceo in un modo e sul digitale in un altro, costringendo a meticolosi confronti letterali per capire se è arrivato cosa e se oggetto e importi corrispondono.
- PIANGE IL TELEFONO. Naturalmente ciò non basta: già, perchè il confronto non puoi farlo tu nel chiuso della tua stanzetta e quando vuoi (hai visto mai di poter scegliere tu quando lavorare?), cosa già odiosa, ma va fatta in tandem col commercialista (ergo in orario di ufficio) che, collegato all’altro capo del filo, è l’unico in grado di aprire il vostro “cassetto fiscale”. Il quale però è elettronicamente più blindato di Fort Knox, con tutti i miliardi di equivoci, rettifiche, malintesi, non ho capito, ma dove, ah è vero, si ma, come ha detto? che si possono verificare tra due persone che senza essere di fronte parlano di documenti diversi, su supporti diversi, con testi diversi.
- OMEN NOMEN. Poi c’è la comica dei nomi dei file. Dunque: la fattura elettronica arriva con un nome astruso, scelto non so se dal sistema o da chi altro, quindi per essere archiviata nella tua contabilità ed essere riconoscibile le va dato un nome scelto da te. Per farlo, il commercialista deve averti prima inviato le fatture scaricate dal cassetto, poi tu devi aprirle tutte e procedere. Già questo è assai palloso e fa perdere una montagna di tempo, ma non basta. Nel frattempo, infatti, il fornitore potrebbe mandarti una “copia di cortesia” via email o pec, che ovviamente a tua volta scarichi, rinomini e archivi sul pc. Risultato: dello stesso documento potrebbero esistere tre copie con tre nomi diversi e vattelappesca qual è quello giusto. Figuriamoci poi se è passata qualche settimana. Ma che importa, tanto il tempo sprecato e i nervi logorati sono i tuoi, come le sanzioni se per caso sbagli.
- TUTTO UN PROGRAMMA. Tranquilli, non è finita, sennò sarebbe troppo semplice. Il commercialista ha infatti due modi per visualizzare le fatture elettroniche ricevute nel famoso cassetto: o in modo sintetico, in una specie di elenco che in schermata mostra emittente, numero, data e altre diavolerie codificate oppure visualizzandole al monitor, cioè aprendole una per una. Siccome (vedi punto 3) tu per capire di che si tratta hai prima bisogno di capire bene di che si parla, tre volte su quattro far aprire il documento elettronico dal povero commercialista di là dal filo è indispensabile. Tutto in un click? Eh, no: bisogna pure cambiare programma, ricorrendo a un software criptatissimo abilitato a decodificare le “firme” del documento e che impiega decine di secondi, a volte minuti, per compiere l’operazione, mentre nell’attesa il cervello vi va in fumo e gli attributi in fiamme.
- L’APPARENZA INGANNA. Le care, vecchie fatture erano come le multe: quasi sempre dal colore, dal formato e dalla grafica si capiva chi le mandava prima ancora di leggerle. Ora invece è impossibile, perchè l’omologazione egualitarista e seriale le costringe ad essere tutte uguali. Naturalmente, però, le “copie di cortesia” che ti danno o ti mandano non lo sono, il che rende l’esercizio comparativo tra i diversi documenti estenuante (eufemismo), lento e provvido di abbagli.
- DOPPIA IDENTITA’. Se la il mio fornitore si chiama Pinco e finora sulle sue fatture cartacee c’era l’intestazione della ditta Pinco, io riconoscevo Pinco e imputavo le fatture al nome Pinco. La f(reg)attura elettronica, che è molto più intelligente, è intestata invece con la ragione sociale effettiva della ditta Pinco, che magari è Società Anonima Servizi Occulti Per Informatici Ossessivi – SASOPIO. Provate nell’esercizio di far combaciare, nei ritagli di tempo tra un hobby e l’altro (perchè in ciò il fisco ritiene impieghiate le giornate), i nomi commerciali con quelli burocratici.
- IL CALENDARIO E’ UN’OPINIONE. Ai tempi belli era facile: pagavi e ti facevano la fattura, o viceversa. Il documento però era uno solo. Cazzo, che progresso era mai questo? Meglio sdoppiare digitalmente. Così ora paghi e loro sul momento ti fanno la fattura di cortesia e la ricevuta, poi giorni o settimane dopo ti fanno quella elettronica, che ovviamente non ha la data di quando hai fatto l’acquisto, ma di quando loro hanno emesso la fattura. Se nell’intervallo di tempo hai comprato solo una cosa o due e hai conservato la ricevuta, forse alla fine capisci a quale esborso corrisponde il documento elettronico. Ma prova ad avere quindici scontrini, quindici fatture di cortesia e quindici fatture con le date che non tornano.
- PER PAGARE C’E’ SEMPRE TEMPO. Eh sì perchè, alla fine, le fatture sono attestazioni di pagamento. In teoria, salvo accordi diversi, andrebbero emesse al momento dell’incasso del corrispettivo o “vista fattura”. Già: vedila, la fattura. Quella che conta è elettronica, ma il sistema fa di tutto per non fartela vedere o fartela vedere in ritardo. Poi devi verificare se è corretta e casomai farla rettificare (non oso pensare a che succede in simili eventualità o con le note di credito), infine pagare. Ancora misterioso l’abbinamento tra fattura elettronica e quietanza, visto che la spillatrice elettronica per cucire il documento con la prova di pagamento non è ancora stata inventata.
- MATTI DA ALLEGARE. Sarà anche vero che, ragionieristicamente parlando, gli elementi della fattura sono intestazione, data, numero, iva, importo e oggetto della fattura medesima, tutti inesorabilmente presenti anche nella versione elettronica. Peccato che questa si fermi qui. Tutto il resto (tipo: dettaglio dei consumi, loro distribuzione nell’arco del periodo e altre informazioni utili non al fisco, ma al contribuente) siano “nel pdf allegato”, il quale naturalmente allegato non è. Quindi ritorno al punto 4) nuova telefonata al commercialista, scarico, invio, etc ertc.
- COMUNQUE ALLEGRI. In tutto questo grottesco casino autolesionistico, un aspetto positivo c’è: il sistema è davvero socialista, davanti ad esso siamo tutti uguali e nessuno ha diritto a sconti. Il danno è infatti identico sia per i debitori che per creditori.