Mi rendo conto ogni giorno di essere circondato da mammole rincoglionite e pavlovizzate le quali, accecate dal sol dell’avvenir tecnologico, contro ogni evidenza si ostinano a credere che l’informatica e il digitale siano l’antidoto alla burocrazia, senza rendersi conto che, in realtà, esse ne rappresentano invece, per capacità stritolatoria e paralizzante, un’evoluzione mostruosa.

L’immaterialità infatti non bypassa affatto il cartaceo, nè lo rende superfluo, ma lo raddoppia, creando cloni elettronici di scartoffie che, per sopravvivere, necessitano reciprocamente le una delle altre, con effetti perversi.
La digitoburocrazia crea inoltre, probabilmente a bella posta, muraglie invalicabili che proteggono fino in fondo i burocrati, rendendoli fisicamente irraggiungibili, e moltiplica così l’arroganza del loro potere di scaricabarile.
Esco adesso da una giornata da incubo in cui uno degli enti più inutili, nullafacenti, collusi e farraginosi della terra gabella per progresso l’automazione di pratiche risarcitorie per le quali prima ti chiede tonnellate di documenti digitali di cui dovrebbe essere già in possesso o che potrebbe comunque reperire autonomamente, e pretende poi che i medesimi “stiano” in appena 5MB (tale è la capienza massima determinata per ogni pratica), altrimenti la pratica medesima si blocca e non viene accettata e così le tue necessità, diritti, esigenze vanno in fumo.
Alle mie proteste, mi sono sentito rispondere nell’ordine:
1) il portale è entrato in funzione solo di recente, quindi mi saranno grati se darò consigli per migliorarlo (è come se al pronto soccorso chiedessero suggerimenti al traumatizzato in barella su come curare i traumatizzati che verranno perchè “hanno aperto da poco“);
2) di “aprire un ticket” (già la sola espressione mi manda in bestia) per segnalare il disservizio: l’unico ticket di cui gli farei omaggio è invece quello per l’inferno o per un posto di cui per decenza taccio il nome;
3) che l’ente burocratico è “utente” del sistema informatico come me, quindi anche l’ente ne è vittima (!);
4) infine che “on line esistono programmi per comprimere i documenti digitali“: in pratica scaricano sul cittadino-utente l’onere di reperirli, imparare a usarli, insomma di arrangiarsi (o pagare un informatico per arrangiarsi al posto suo). Per fare un esempio, è come se prima ti dicessero che devi per forza parcheggiare l’auto in un box troppo piccolo e poi che, siccome il box non è modificabile, devi trovare “on line” una macchina speciale per scorciarti da solo l’utilitaria, sennò ti sequestrano il mezzo.
Ora scusate, ma vado al museo della tortura per individuare il tormento da infliggere a questi imbecilli.