La già gloriosa Borsa Internazionale del Turismo di Milano rantola nel 2025 tra sedi illogiche, disorganizzazione e funzioni perdute.

 

La sintesi dell’edizione 2025 della BIT, già gloriosa Borsa Italiana del Turismo, è tutta nella foto che apre questo post. E in cui mi sono imbattuto avendo l’umana necessità di mingere.

Ammetto che a lungo non ci ho capito niente: “Toilette aperta solo in allestimentoche vorrebbe dire? Forse aperta solo nella fase di preparazione della minzione? Nemmeno la locuzione in inglese ha potuto aiutarmi. Poi un amico, anch’egli  – come altre decine di visitatori – vittime delle stesso interrogativo, mi ha spiegato il significato recondito: trattavasi della ritirata riservata al personale durante l’allestimento della fiera. Ma allora non bastava scrivere subito così (e magari specificarlo nella cartellonistica all’interno dei padiglioni)? E una volta che la fiera è allestita, perché il bagno non è più officiabile né dagli stessi beneficiari di prima, né da altri? Buio fitto.

Ecco, anche il resto è stato tutto così: una scombiccherata confusione. Ingressi con restringimenti inutili e code governate a berci dagli addetti, saliscendi incomprensibili che hanno creato intasi nonostante le sparute presenze. Due soli padiglioni con stand sparpagliati senza criterio, un’ubicazione cervellotica a 2 km a piedi dalla metro e dalla stazione FS, con varie deviazioni che hanno trasformato il percorso linearissimo in un toboga. Per non dire dello spostamento dalla comoda Milano City alla remota Rho (spostamento a onor del vero non attribuibile agli organizzatori, ma mal comunicato e foriero comunque di gran disagio e non pochi equivoci: ho notizie di colleghi arrivati direttamente alla destinazione sbagliata).

Intendiamoci: da oltre un decennio la manifestazione annaspa in una crisi apparentemente irreversibile, vittima di un insieme di circostanze congiunturali e non nel merito delle quali non è questo il momento di addentrarsi.

Detto ciò, se enti, imprese e aziende ritengono tuttora opportuno di investire nell’evento, non posso che esserne lieto. E mi auguro che facciano ottimi affari.

Del resto la funzione di una fiera è esattamente questa: generare business.

Dal mio punto di vista, e più in generale da quello giornalistico, la questione diventa un’altra, però. La seguente: a chi si occupa di viaggi, essere lì non serve a niente, tranne che a stringere mani a vecchi colleghi. Può certamente interessare chi si occupa di economia, di cronaca e, forse, di costume. Ma della BIT-BIT, quella in cui si raccoglievano informazioni profonde, si intessevano relazioni e progetti, nascevano idee di reportage, ci si incontrava e ci si confrontava non solo per “vendere” una destinazione a un consumatore, ma per sviluppare conoscenza e stimoli anche culturali e giornalistici alla medesima, non c’è davvero più traccia.

E così ci siamo sentiti un po’ fuori posto. Anzi, del tutto.

Un gran spazio occupato dagli stand delle regioni italiane, impegnatissime a fare da scenario a politici e assessori con tanto di claque mediatiche apposite e tristi microbanchi, intramontabili mascherate di gente addobbata nei costumi più improbabili, sovrabbondanza di fornitori di servizi digitali più o meno dedicati.

Turismo straniero sotto al minimo sindacale sia per numero che per spazio, grandi metrature destinate invece ai food truck con piadine e fin troppo odorosi wurstel per riempire vaste aree destinate altrimenti a restare vuote.

Intoppi sconcertanti: le bustine di plastica e i collarini portabagde dichiarati “esauriti” già la mattina dopo l’inaugurazione e resi più introvabili di un’oasi nel Sahara. Per stampare il pass (che non serve solo ad entrare, ma anche a farsi riconoscere) da metterci dentro bisognava uscire dal padiglione e andare alla reception, dove un’addetta negava il servizio e il collega accanto lo concedeva, per poi farti rientrare e convincere a voce il vigilante che non eri un furbo col pass di un altro, ma uno uscito poco prima per necessità tecnico-burocratiche.

Bagatelle, per carità, se essere lì avesse avuto un senso che non c’era. Ho visitato la fiera, piccola e poco interessante, in un’ora. Poco più del tempo che ho impiegato a fare la scarpinata a/r tra la stazione FS e i padiglioni 9 e 11.

Ciao Bit, mi sa tanto che le nostre strade si divideranno per sempre, con buona pace anche dell’agrodolce effetto nostalgia che da anni ci attira.

 

PS importante: qualcuno potrebbe dire che “però c’erano parecchi giornalisti“, ma non è vero. Imbucati e sedicenti a parte (sempre copiosi, visti in diretta al varco della famosa “reception” che non stampa i pass), ne ho contati un centinaio, l’80% dei quali presenti tuttavia solo perché erano in programma le assemblee delle associazioni. Della serie: no assemblee, no giornalisti. La verità diciamola, ogni tanto.