Il Siena rimedia un umiliante 1-5 nella sentitissima partita contro la corazzata guelfa, ma soprattutto si inguaia da sola e rotola di nuovo nella situazione di classifica di un mese fa. Esauritosi l’effetto Malesani e alle porte di un doppio turno da incubo (Inter e Milan a San Siro), occorre ricompattarsi e fare qualche acquisto importante. Ma importante davvero.

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I ritorni sulla terra sono sempre bruschi. Specialmente quando vengono dopo troppe illusioni, qualche equivoco, alcune vicende societarie che hanno stornato l’attenzione dal cuore del problema e un lasso di tempo abbastanza lungo da attenuare la memoria.
Siena-Fiorentina è stata tutto questo: non solo un’umiliazione bruciante contro la storica rivale guelfa, non solo una doccia fredda, anzi marmata, sulle rinate e forse esagerate speranze natalizie di salvezza, ma soprattutto un colpo ferale alla classifica, visto che le prossime partite saranno due trasferte a San Siro, contro Inter e Milan, e che da esse non c’è a rigor di logica da aspettarsi niente di buono. Intanto, le avversarie risalgono. In pratica siamo tornati a un mese fa.
Tre pappine dopo mezz’ora, più altre due nel seguito, e tutti a casa. Non diamo la colpa all’arbitro o alla sfortuna o al destino cinico e baro. L’anno cambia mai vecchi vizi restano: sul primo gol Kroldrup ha goduto di una lunga e sconcertante libertà, il secondo, sempre su calcio da fermo, è stato la fotocopia in due tempi del primo, il terzo è vero che è nato da uno svarione di Curci, ma è anche vero che se Pasqual invece di crossare basso e male avesse passato al centro dell’area, qui avrebbe trovato lo stesso un viola liberissimo a due passi dalla porta. Morale: difesa imbarazzante (non è una novità), capace di andare sotto già dopo pochi minuti (e quindi costringendo la squadra a partire a handicap); Cribari, che è un buon giocatore ma non doveva né potrebbe essere considerato il salvatore della patria, esposto a una pessima figura; attacco bloccato dai raddoppi su Maccarone, su uno sfondo di sostanziale equilibrio a centrocampo. Grande impegno, ma la squadra anche quando va al massimo resta mediocre. Figuriamoci se non va al massimo.
Inutile allora cercare occasionali capri espiatori, che nella specifica circostanza non ci sono. Resta il fatto che la zona salvezza è tornata lontana quattro punti e che, calendario alla mano, tra dieci giorni potrebbe essere ancora più distante. Il paradosso, volendo vederla meno peggio, è che la sonante sconfitta potrebbe togliere al nuovo proprietario qualunque illusione sul fatto che per salvarsi possano bastare un paio di ritocchi e convincerlo che, se vuole davvero investire e provare a raddrizzare la situazione, bisogna fare acquisti importanti.
Quello che serve adesso sono i nervi saldi. Dopo Palermo, la pausa e la Fiorentina, l’effetto Malesani sembra essere svanito. Ma i processi sono inutili. Occorre ricalarsi nella propria dimensione di squadra umile ma non condannata, compattarsi e cercare la salvezza nelle partite alla propria portata, quelle in casa (e magari fuori) contro le avversarie dirette e quelle di metà classifica. In passato ci si è già riusciti, quest’anno sarà ancora più difficile, ma forse non ancora impossibile. Speriamo.