Oggi è il 60° compleanno dell’Ordine dei Giornalisti, nato con la legge 69 del 3 febbraio del 1963. Domanda: sono in corso festeggiamenti sobri, oppure siamo rimasti in pochi a festeggiare?
Oggi è il compleanno ufficiale dell’Ordine dei Giornalisti. La promulgazione della legge istitutiva, n. 69, risale infatti al 3 febbraio del 1963.
Di come la norma, e di conseguenza la categoria, porti male i suoi 60 anni, ho già scritto giorni fa e non ho nulla da aggiungere.
Rilevo tuttavia che, in apparenza saggiamente, la ricorrenza viene festeggiata con grande sobrietà.
Ma a pensarci bene non mi pare un segnale di ragionata continenza, bensì di svagato distacco: quasi che il senso di appartenenza alla nostra tipologia professionale si sia pian piano dissolto, che l’iscrizione al mitico Odg sia considerata ormai poco più di una trascurabile incombenza e che il famoso tesserino – al quale però, mistero della fede, migliaia di altrofacenti ambiscono – sia un ingommbrante orpello da tenere nascosto nella tasca più recondita del portafogli. Sono altre le professioni che oggi vanno di moda.
Che strano destino, il nostro, con le redazioni sotto assedio e gli autonomi sbandati come truppe in ritirata dopo essere andate all’assalto con le scarpe di cartone.
Insomma, ci si arrabatta.
Personalmente non ho mai ritenuto che essere giornalista fosse motivo di particolare vanto, ma casomai fosse fonte di responsabilità maggiori rispetto a chi fa altri lavori. Invece mi guardo intorno e vedo una grande disinvoltura (giustificazione ufficiale: “lo fanno tutti“).
Mah…
Stando così le cose, non mi resta che fare gli auguri ai colleghi. Quelli veri, beninteso.
Ce n’è davvero bisogno, del resto: non di giornalisti, ma di auguri!