Accompagnato da un ronzio quasi impercettibile e da nuvole d’odorosa polvere, un malefico aggeggio telecomandato l’altro giorno si è alzato sulle bottiglie e gli assaggiatori di Chianti Classico alla Leopolda. E non solo lì…

Se una volta le panoramiche si facevano a “volo d’uccello“, oggi si fanno “a volo di drone“.
Sono gli inconvenienti del mondo moderno. O, se volete, l’evoluzione mobile dell’occhio del grande fratello orwelliano.
Meno male dunque che nelle sale del Museo de Grada, dove si sono da poco concluse le degustazioni dell’anteprima della Vernaccia di San Gimignano, probabilmente per via degli spazi angusti e del rischio di “incidenti” con le opere d’arte in esposizione, il volo di quel malefico ufo senza marziani a bordo, ma telepilotato dall’operatore di una tv cinese, non è stato autorizzato, costringendo il manovratore a sfogarsi tra le torri trecentesche (vedi qui) e la facciata del duomo.
Perchè nei vastissimi spazi e negli alti soffitti della Leopolda, dove il giorno prima si svolgevano le anteprime del Chianti Classico, l’apparecchio ha invece potuto decollare. Destando sì la curiosità dei presenti, incluso il sottoscritto, ma anche facendo disperdere nell’aere, ovunque l’aggeggio si dirigesse, una copiosa nuvola di polvere fatalmente ricaduta nelle narici e quindi nei bicchieri, dei malcapitati giornalisti intenti a fare assaggi proprio sotto le sue potenti eliche.
Imprevisto che ha sollevato un più che giusto malumore tra i degustatori e, immaginiamo, anche tra i produttori.
Cionondimeno, incurante delle occhiatacce degli ospiti e delle brusche chinate di testa dei poveri sommelier impegnati nel servizio del vino, il drone ha continuato a volare per una decina di minuti, accompagnato dal ronzio dei suoi rotori.
C’era già chi, ammalato di futuribile, vagheggiava per il 2017 una versione enoica del progetto di Amazon, il gigante delle vendite di libri on line, ipotizzando l’utilizzo della zanzara meccanica per l’individuazione, il prelievo e la consegna dei campioni di vino al tavolo di destinazione finale. Chi addirittura, spero scherzando, proponeva di affidare alla stessa zanzara la mescita del prodotto.
Io mi sono limitato ad invocare tra i denti l’uso della contraerea elettronica.
O anche i vecchi, sani fili d’acciaio tesi tra una parete e l’altra, che nessun occhio umano o cibernetico potrà mai vedere in tempo, ma che le eliche del drone incercetteranno di sicuro.
E pazienza se, cadendo, la macchina farà qualche danno: meglio qualche bottiglia rotta che una libellulona orientale svolazzante ad libitum sulla tua e altrui nuca.