di CARLO MACCHI
A questo punto di luglio per la guida di Winesurf abbiamo assaggiato quasi 2000 bianchi da tutta Italia e alcune linee generali sono emerse in maniera chiara. Se positive o no, giudicate voi.
La maledizione dell’agrumato
Fino a pochi anni fa quando in un bianco sentivi profumi di agrumi (più o meno maturi) pensavi a qualcosa di positivo, oggi la tanto ricercata (e purtroppo trovata) “nota agrumata” è presente in molti dei bianchi degustati. Vini di varie zone e da vitigni che prima non la marcavano assolutamente . Come nascono possiamo immaginarlo e speriamo sinceramente si tratti di aromi che se ne vanno in breve tempo ma adesso sono molto presenti e rendono tanti vini, per vitigno e denominazione diversi, molto simili tra loro. A questo proposito…
Essere simili è un prego o un difetto?
20-25 anni fa il massimo per una denominazione era di avere vini sia riconoscibili sia di media qualitativa alta. Oggi possiamo dire che molte denominazioni italiana la media qualitativa alta o medio alta l’hanno raggiunta, non solo perché è impossibile o quasi trovare un vino con difetti, ma perché effettivamente tutti hanno fatto grossi passi avanti. Questa qualità alta, che sicuramente il consumatore finale non può non apprezzare si scontra però con un’omologazione verso l’alto che forse si riesce a percepire solo se assaggi molti vini di varie denominazioni. Non solo si assomigliano nella stessa DOC ma in diversi casi hanno tratti fortemente comuni tra denominazioni di regioni diverse e con vitigni diversi.
Il corpo, questo quasi sconosciuto
Un tratto abbastanza comune di tanti bianchi giovani (quindi soprattutto 2021) che abbiamo degustato è la predominanza della parte aromatica su quella gustativa. In altre parole, similitudini a parte, tanti vini hanno bei profumi ma poi puntano nettamente sulla parte acida, mettendo in secondo piano li corpo, la pienezza. Forse la vendemmia 2021 ha avuto questa caratteristica “trasversale” o forse si punta a fare vini più puliti, netti, magari vendemmiati un po’ prima che però hanno meno grassezza del passato.
I prezzi, visti gli aumenti generalizzati, rimangono comunque bassi
Se qualcuno di voi, in enoteca o a ristorante, ha notato aumenti importanti nei prezzi dei vini sappia che, almeno per quanto riguarda quelli che abbiamo degustato noi, gli aumenti in cantina, se ci sono stati, sono nell’ordine fisiologico e non certo da economia “guerresca”. In questo i produttori stanno mostrando generalmente una sensibilità importante, che speriamo non venga distrutta nei vari passaggi fino al consumo.
Diamogli un anno: l’obiettivo futuro
Visto il miglioramento generalizzato e la voglia di mettere in commercio un vino che possa durare almeno qualche anno, oramai è chiaro a tutti che in tante denominazioni in bianco i vini escono troppo presto.
Capiamo che ci sono i mutui da pagare ma piano piano, se il vino bianco italiano deve crescere, bisognerà che una percentuale sempre più importante di prodotto entri in commercio l’anno successivo. Attenzione, non stiamo parlando di selezioni o riserve ma del vino “base” che spesso si comincia ad apprezzare veramente quando è finito. Credo che molti consorzi di tutela dovrebbero iniziare seriamente a sensibilizzare i soci sull’uscita ritardata (cum iudicio) per far crescere in maniera sana la denominazione e l’idea che un bianco italiano non è un vino da bersi nel primo anno di vita.
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