di LUCIANO PIGNATARO
Un rosso operaio che sostiene il cibo rispettando il motivo per cui è nato. Senza pretendere alcun ruolo attore. Ed è questo suo ruolo da spalla che ne fa un grande vino“. Ipse scripsit.

Il Taurasi di Mastroberardino parte sempre in sordina, impercettibile, indifeso quasi, di fronte a tante etichette preoccupate di far colpo. Un vino che cresce anno dopo anno come avveniva con i bambini prima dell’avvento delle merendine.
Prima mai, poi sempre più robusto. Come una pianta.
Anche il 2008, millesimo che ci ha regalato grandi espressioni del territorio taurasino, all’inizio è passato quasi inosservato, parlo del base ovviamente. Questa sua distanza dal clamore, questa discrezione ne fa però un benchmark importante annata dopo annata per capire cosa ci si deve aspettare per gli anni a venire.
La 2008 inizia ad uscire proprio in questo momento fuori dall’uscio di casa. Semplice ciliegia e corredo tostato e di sottobosco, cenere. In bocca nessuna dolcezza, sapido, lungo, fresco. Capisci che è destinato ad allungare l’infinita schiera di annate che Mastro ci ha regalato a partire dagli anni ’50, soprattutto.
Ti chiedi a cosa serva questo vino oltre che ad aspettare l’emozione. Molto semplice: a bere sui pasti, sulle ricette tradizionali, un rosso operaio che sostiene il cibo rispettando il motivo per cui è nato. Senza pretendere alcun ruolo attore. Ed è questo suo ruolo da spalla che ne fa un grande vino, la bottiglia rassicurante che ci restituisce la giusta dimensione che ciascuno di noi dovrebbe avere con il bicchiere.

Sede: Atripalda, Via Manfredi, 75-81.
Tel. 0825 614111, fax 0825 614231
www.mastroberardino.com
Ettari: 190 di proprietà e 150 in conduzione.
Bottiglie prodotte: 2.500.000.
Vitigni: aglianico, piedirosso, fiano di Avellino, coda di volpe, greco di Tufo, falanghina e sciascinoso a Pompei.

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