di FEDERICO FORMIGNANI
Nel nostro paese la dedicazione di paesi e città ai santi più svariati è comune, ma pochi sanno che molti di questi non sono mai esistiti, o hanno nomi storpiati, dialettali, irriconoscibili. Li studia una disciplina chiamata agiotoponomastica.

 

Esiste un termine, nella lingua italiana, che indica quale sia l’origine di nomi di luoghi – dedicati o derivati – da quelli dei santi: è l’agiotoponomastica, parola che ispira questa puntata di Dialingue.

Lo spunto proviene da un saggio pubblicato nel 1972 da Gerhard Rohlfs, grande filologo tedesco innamorato dell’Italia e dei suoi interessantissimi dialetti. L’usanza di designare una località con il nome di un santo non è poi così remota come si potrebbe pensare: data infatti dalla fine del VI secolo ed ha avuto sviluppo e diffusione ovunque, nella penisola, in modo particolare nelle regioni meridionali.Tuttavia è fenomeno largamente presente anche nelle aree settentrionali, segnatamente nelle località della vasta Pianura Padana.

Alcuni nomi di luoghi traggono origine da abbreviazioni: ecco allora Santo Boldo (nel Friuli) dal nome Ubaldo; Sant’Aponal (una chiesa di Venezia) da Apollinare, mentre San Guelmo (Lombardia) è la contrazione di Guglielmo. Altri nomi, a seguito di una avventurosa trasformazione fonetica, sono al contrario quasi irriconoscibili. E’ il caso di alcuni paesi del Veneto: Santo Stino per Stefano; San Stae per Eustachio; Sant’Ellero per Ilario, fino alla vicentina Sandrigo per Ulderico; ma non è finita qui, perché a questi si aggiungono la località bresciana di San Fèrech per Quirico e quella friulana San Durì per Odorico. Altri nomi ancora, nel tempo, hanno subito cambiamenti davvero sorprendenti: ad esempio San Chiaffredo (diversi riscontri in Piemonte) per il santo Theoffredus e Santa Marcuola (un’altra chiesa veneziana) per santa Ermagora!

Gerhard Rohlfs ricorda anche casi nei quali la tradizione popolare ha dato origine a forme doppie, tanto da far pensare di aver a che fare con santi diversi: per la Pianura Padana, ricorda i nomi di San Mamate (Veneto, Emilia) di San Mamette (Lombardia) e la via San Mammaso (a Verona) tutti provenienti dal nome del santo che nelle leggende compare come Mamaso o Mammes. Altri casi curiosi: quelli nei quali l’identificazione del santo è possibile, a patto di riconoscere le influenze dialettali tipiche di una determinata zona: San Donà (Veneto) e San Salvà (Piemonte) sono esiti settentrionali per Donato e Salvato, mentre la veneziana San Zulian corrisponde a San Giuliano. Ancora più difficile è risalire all’origine del nome quando si è perso il nesso con il nome del santo, perché nell’ortografia questo nome non è più riconoscibile: ciò avviene in caso di fusione dell’aggettivo “santo” col nome preso in esame; esempi di ardua interpretazione sono le località lombarde di Sainardo (San Leonardo), Selino (San Lino) e la piemontese Santhià – chi l’avrebbe mai detto – derivata da Sant’Agata. Esistono poi casi di nomi di località che richiamano alla memoria un santo mai esistito! Nei pressi di Cremona c’è San Pedrengo, ma non si ha traccia di un santo con questo nome, Pedrengo deriva dal latino Petrus, modificatosi in epoca longobarda in Pedringos, quindi il “santo” è un’aggiunta arbitraria di epoca successiva. Abbiamo anche il paradosso di località che sono state “santificate” unicamente perché il toponimo iniziava con “san”; è il caso della veneziana Sanguiné (forma dialettale per Sanguineto) ricordata nel 1421 come Sancto Guineto.

Ci sono poi i casi, per così dire dubbi, per i quali sarebbe opportuna una verifica linguistica più approfondita. Non si sa, per esempio, se la piemontese Santa Deliberata discenda da Santa Liberata; se Santa Sida (Sardegna) abbia un qualsivoglia legame con Santa Zita, che è una chiesa genovese. Grandezza della fantasia popolare, a seguire assistiamo alla presenza di una gran quantità di nomi “presunti” santi, non registrati in alcun onomastikon. In Lombardia: San Bonico, San Re e San Varese; nel Veneto: San Zengo, Santa Rantua; in Emilia: San Chierlo, San Fiordinano e Sant’Imento, per terminare con San Chiatar (Alto Adige). Altri santi, verso i quali la devozione popolare è sentita in modo particolare, hanno beneficiato di suffissi diminutivi o accrescitivi che hanno finito per modificare il nome in pianta stabile. Ecco allora la località di San Pedretto in Lombardia, di San Marzanotto in Piemonte, senza tralasciate la famosa statua di Arona, dedicata a San Carlone. Paese di poeti, di navigatori e naturalmente di santi, l’Italia. Una curiosità statistica, per concludere: fra le città, paesi, frazioni, contrade della penisola, i santi più gettonati della toponomastica sono i seguenti: Maria, Martino, Giovanni, Michele, Lorenzo. Chiude la classifica un santo molto popolare in Puglia (Nicola), seguito da altri maggiormente presenti in val padana: Giorgio, Andrea e Stefano.