di ANDREA PETRINI
Anima e cuore di Le Fraghe a Verona, nonchè presidente della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti è un’altra donna forte del vino italiano. Che dice la sua (e della FIVI) sul momento pandemico.

 

Prima e inevitabile domanda personale: come stai affrontando l’emergenza?

 

Sono fortunata perché sto bene e vivo in azienda, questo rende tutto più semplice. Posso lavorare anche se le cose sono molto cambiate pure qui. Non riuscire a programmare perché tutto è in forse è una novità pesante. Pochi contatti umani e vedo che purtroppo comincio ad abituarmici.

 

Come vignaiola, invece, come hai affrontato la situazione e con quali ripercussioni sia produttive e commerciali?

 

Il lavoro in azienda è continuato come sempre; durante il primo periodo di chiusura c’erano la legatura e gli imbottigliamenti dei vini nuovi. Non abbiamo rallentato nulla e i programmi sono andati avanti, confidando che i mercati avrebbero sì rallentato ma non chiuso. In Italia ho cercato di contattare i privati che avevano visitato il punto vendita e ho fatto delle proposte loro dedicate. Ho anche incrementato la nostra presenza sui canali online, pur non avendo un sito aziendale. Con l’estero le cose sono andate meglio: non abbiamo perso quote di mercato rispetto all’anno scorso.

 

Molti Paesi sono stati e sono in lockdown, con situazioni anche peggiori della nostra, eppure l’estero ha premiato i nostri vini. Cosa manca a noi italiani?

mercato

 

L’estero ha premiato i vini italiani anche per fattori estranei al Covid. Negli Usa ad esempio abbiamo perso meno che in altri paesi essenzialmente per i dazi, che per fortuna non ci hanno colpito. Rispetto ad altri paesi importatori di vini italiani, le principali differenze le ha dettate il sistema distributivo. In Italia il vino si acquist direttamente dal produttore, in enoteca o consumato fuori casa. Noi finora non eravamo tanto abituati all’acquisto online, più diffuso all’estero. In Francia l’acquisto di vino in GDO è molto frequente ed anche i nostri colleghi vignaioli indipendenti sono spesso presenti su quegli scaffali. ll Covid diventerà un’opportunità di diversificazione del mercato anche per noi piccoli produttori. Abbiamo capito che è molto rischioso avere pochi canali di vendita.

 

Ti aspettavi questa seconda ondata e pensi ci saranno difficoltà minori o maggiori?

 

Mi aspettavo un ritorno in autunno, ma non credevo così pesante. Dal punto di vista lavorativo le difficoltà sono maggiori, perché la pandemia si è avvicinata e ora ho anche dei collaboratori positivi e poi anche perché l’atmosfera mi sembra più cupa. A marzo andavamo incontro all’estate, ora ci aspetta un lungo inverno e ci sono troppe persone ed aziende in serie difficoltà. L’estero anche adesso tira ma i ritmi sono rallentati rispetto alla primavera. Questo, però, forse è dovuto anche al tipo di vino che produco, più adatta alla bella stagione che all’inverno.

 

Cosa ha fatto la FIVI per tutelare i vignaioli indipendenti?

 

Abbiamo cercato il dialogo con le istituzioni facendo nove precise richieste. Primo, la proroga di 12 mesi della scadenza delle autorizzazioni per nuovi impianti e reimpianti scadenti nel 2020. Secondo, la proroga di 12 mesi per i termini di rendicontazione della misura OCM vino, PSR e Piani di riconversione e ristrutturazione vigneti. Terzo, l’annullamento delle sanzioni previste perle aziende che non fossero riuscite a concludere e a rendicontare i progetti OCM promozione. Quarto, la sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali agricoli per 12 mesi unitamente a quelli dei versamenti di imposte, INPS ed Enpaia per i dipendenti delle aziende agricole. Quinto, la concessione di prestiti di conduzione o finanziamenti bancari alungo termine con annullamento del tasso di interesse. Sesto, l’annullamento della reintroduzione della tassa IMU sui fabbricati strumentali agricoli. Settimo, l’aumento del limite delle bottiglie acquistabili da privati all’interno delle UE e possibilità di vendere direttamente a privati in Europa senza transitare da deposito fiscale. Ottavo, una fiscalità agevolata per il settore horeca per l’acquisto del vino italiano e, nono, il differimento del versamento dell’IVA al momento dell’incasso della fattura.
Abbiamo anche pensato fosse utile ai vignaioli sapere quello che siamo e facciamo. Così abbiamo realizzato pure un breve video (qui).
Crediamo che in questo momento di difficoltà nelle vendite sia premiante comunicare cosa c’è dietro al nostro logo. Più è visibile, più bottiglie girano marchiate FIVI e più si rafforza il nostro lavoro.

 

Ma siete contenti delle “risposte” ricevute dalle istituzioni? C’è una proposta che davvero sperate possa essere accolta il prima possibile?

 

Per i vignaioli indipendenti la vendita diretta è molto importante. Le nostre sono piccole aziende familiari che promuovono molto la visita in cantina puntano molto sull’accoglienza. Avevamo chiesto al ministro Bellanova e alla Commissione Europea di poter spedire direttamente ai privati senza doverci appoggiare ad un rappresentante fiscale, assolvendo iva e accisa del paese di destinazione alla partenza del vino. Una cosa che ci sarebbe stata e sarebbe tuttora di grande aiuto: permetterebbe di spedire ai clienti europei, che normalmente visitano le nostre cantine, e di mantenere aperto il canale di vendita anche quando i clienti sono a casa loro. L’istanza va fatta allUe ma chiediamo al ministro di fare pressioni perché l’iter legislativo sia veloce. Speriamo bene…

 

Secondo te le misure adottate sono state sufficienti o si poteva fare qualcosa di più in vista della seconda ondata?

 

Sono state messe in campo risorse importanti ma le due misure principali, distillazione e riduzione volontaria delle rese, non sono molto adatte ai vignaioli indipendenti. Per noi forse sarebbe stato più interessante lo stoccaggio privato, che alla fine è stato proposto. Il contributo a fondo perduto parametrato alla perdita di fatturato che è stato concesso in primavera, anche se poche erano le risorse disponibili, va ad aiutare effettivamente chi ha difficoltà. Meglio così che concedere contributi solo in base ai codici ateco, senza vedere chi effettivamente sta perdendo. In questo momento per esempio i ristoranti sono chiusi in orario serale, quindi lì le nostre vendite di vino si sono quasi azzerate. La ristorazione di qualità è uno dei nostri principali sbocchi. Non siamo chiusi e quindi, giustamente, il nostro codice ateco non è stato incluso nel decreto ristori, ma facciamo parte anche noi però della filiera della ristorazione, andrebbe quindi dato un nuovo sostegno parametrato alla perdita di fatturato che stiamo subendo.

 

Che consigli daresti ai tuoi colleghi per affrontare al meglio il futuro?

 

Dare consigli è sempre difficile, ma condivido volentieri la visione che cerco di applicare nella mia azienda. Prima di tutto essere fedeli al territorio e alla propria filosofia produttiva. Dal momento difficile si esce continuando a fare meglio ciò che si è fatto finora, non inseguendo la moda. Credo inoltre che saranno vincenti le aziende che sapranno migliorare il rapporto con i clienti, che insieme alle nostre vigne sono il nostro patrimonio. Vanno seguiti  più di prima. Magari è il momento di cambiare anche la distribuzione, che dev’essere sempre più un servizio alla clientela. Bisogna infine investire molto sui privati e l’accoglienza in cantina. Il turismo del vino, in campagna, sarà sempre più premiante.

 

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