Forse non è il caso di parlare di linguaggio sfregiato, ma la smania di abusare dei giochi di parole per dare nomi originali a marchi e attività commerciali ci sta prendendo la mano, con effetti grotteschi.

 

Per smorzare un po’ l’atmosfera plumbea di queste settimane, buttiamola sul ridere e inoltriamoci nelle questioni di costume. Che poi sono anch’esse cose serie.

Ad esempio la deriva dell’italiano, già massacrato senza requie dai neologismi anglopubblicitari.

Dopo sono arrivati i nomi commerciali arguti, con velleità creative.

Partiamo da quelli più involontariamente spiritosi. Tra le decine, segnalo GuglielMotel (albergo), Beerbante (birreria), Oliosteria (osteria specializzata in oli extravergini di qualità). Tutti appellativi di per sè abbastanza imbarazzanti, ma che hanno almeno il pregio di puntare sulla personalizzazione, l’originalità.

Si scende di livello quando si va sull’abuso dei suffissi.

Non sarò certo il primo a stigmatizzare il grottesco dilagare delle -erie e degli -aio commerciali che, andando spesso ben oltre la soglia del ridicolo, con le loro insegne imperversano sulle nostre strade: di recente ho letto margaritaio (ossia venditore di margaritas, nel senso nel noto cocktail), uramakeria (luogo di vendita di uramaki, variante del sushi), spadelleria (?). Potrei continuare per ore.

Naturalmente auguro a queste attività, come alle precedenti o alle successive che citerò, il maggior successo possibile. La mia critica riguarda solo la scelta dei nomi.

Il guaio arriva comunque quando, esaurite le possibilità offerte dalle -erie, si passa al loro quasi omologo di -vendolo, cioè di venditore.

In quest’ottica è davvero preoccupante il neologismo “sushivendolo” che ho di recente intercettato, probabile avanguardia di un’orgia prossima ventura.

Il tutto diventa addirittura paradossale, poi, se si pensa all’omologazione del linguaggio imposta dalla tirannia dei SEO, quelli che costringono a usare in rete parole semplici e piane e ad evitare quelle argute, che nessun algoritmo sarebbe in grado di capire.

Insomma, non ci si salva da nessuna parte…