Sembra che le indagini sull’autore del sabotaggio si stiano stringendo attorno a un ex dipendente vendicativo, con riscontri schiaccianti. Speriamo che sia tutto vero e il caso si chiuda. Resta il fatto che per i modi e il gesto rimane “mafioso”. Anche se la mafia non c’entra. Ma se al cospetto di certe sciocchezze cominciassimo a riderci sopra?
Dopo il mio post del 3 dicembre (qui), ho seguito con un misto di fastidio e di apprensione la temuta coda di polemiche e di interventi, spesso a sproposito, susseguitisi a commento dell’atto criminale subito la notte tra il 2 e il 3/12 da uno dei grandi nomi del Brunello di Montalcino, Gianfranco Soldera: un gesto “chirurgico”, premeditato, pianificato con cura (ad esempio facendo attenzione a non sporcarsi le mani con reati più gravi del danneggiamento, come il furto), realizzato con lo scopo di fare il massimo del male possibile, visto che l’autore del raid ha convogliato nelle fogne tutto il Brunello contenuto nelle botti della cantina (6 annate per 600 ettolitri), tralasciando il Rosso e ignorando le costosissime bottiglie.
Si voleva privare l’azienda della linfa futura, cioè del vino. E quindi “ucciderla” economicamente, non solo provocare un grosso danno.
Da qui l’uso da parte del titolare, ripreso da molti media, dell’aggettivo “mafioso” per descrivere l’accaduto. Aggettivo che in italiano – precisiamolo – significa non solo qualcosa di direttamente facente capo alla mafia, ma anche qualcosa che per modalità ne ricorda lo stile, lo stampo, la mentalità.
Siccome però una ciliegia tira l’altra e quando c’è in ballo l’immagine di un business (e il Brunello è un business) tutti diventano oltremodo suscettibili, sia da parte di molti produttori che commentatori si è subito passati all’equazione gesto mafioso = compiuto dalla mafia.
Ne sono nate da un lato le inutili indignazioni, le cagnare, le proteste del mondo montalcinese, nella ricerca affannosa e forse un tantino esagerata di ripudiare qualunque pur fantasiosa insinuazione di mafiosità; dall’altro l’accanimento ingiustificato di certa stampa che, un po’ per superficialità e un po’ per volontà di fare rumore, non ha trovato di meglio che inzuppare il pane nella vicenda, ricamandoci oltre la soglia del dignitoso e del tollerabile per dipingere nella cittadina toscana foschi scenari da Bronx e atmosfere pulp degne del Padrino.
Nel mezzo le petizioni di principio, la fraternitè, le dichiarazioni, i soloni.
Ora, da vecchio cronista dico solo due cose.
La prima è che, essendoci delle indagini in corso, la cosa più saggia sarebbe aspettare che finissero, auspicabilmente con un’incriminazione, e sperare che il successivo processo conduca all’individuazione del o dei reali colpevoli. Fino a quel momento, silenzio su tutta la linea e in particolare sulle congetture.
La seconda è che, se un gesto è, per stile o modo di esecuzione, “mafioso“, esso si mantiene tale anche se a compierlo è uno svedese o un marchigiano o un marocchino. Senza che ci sia bisogno di strepitare contro altri significati che non ci sono.
Anche nel momento in cui, come si auspica, la vicenda verrà definitivamente classificata semplice “atto vandalico“, nulla potrà togliere ad essa lo spessore di “mafioso“.
Il che insomma non vorrà dire che la mafia si è infiltrata nella società montalcinese o nel mondo del vino, ma solo che la gravità dell’accaduto è assimilabile, per “animus“, ai fatti di mafia.
A me sembra intuitivo, ma evidentemente non lo è per tutti.
PS: sentendo alcuni commenti (verbali) al mio post mi è venuto il dubbio di non aver spiegato bene la mia posizione. Che è questa: anch’io trovo ridicolo lo scandalismo e il terrorismo scatenato da certi giornali a proposito di poco credibili “mafie” montalcinesi. Credo anche, però, che controbattere agli strepiti con gli strepiti equivalga a dare loro fiato e quindi ad assecondarli. Forse trattare certi eccessi e i loro autori con il dileggio e il sussiego che meritano produrrebbe risultati più efficaci. Perchè se è vero che quel mercato è fondamentale per i produttori di Brunello, neppure si può restare per sempre ostaggi dei pregiudizi più fantasiosi, non vi pare?