di ANDREA PETRINI
Oggi tocca a Fabrizio Bindocci, direttore generale dell’azienda Il Poggione e Presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino. Abbiamo parlato di vino, di emergenza Covid-19, di Usa e di futuro…

 

Buongiorno, innanzitutto volevo sapere come avete affrontato a Il Poggione questa brutta pandemia mondiale.

 

Siamo fortunatamente un’azienda organizzata, con l’85% delle vendite all’estero, mercati che nonostante tutto hanno sempre abbastanza tenuto e che ancora oggi, in piena seconda ondata, tengono. Per Il Poggione è andata benissimo negli Stati Uniti che, come facilmente immaginabile, è il mercato estero più importante per il Brunello di Montalcino. Sa che dobbiamo ringraziare anche Trump per questo?

 

Trump? Davvero?

 

Già, agitando da tanto tempo lo spettro dei dazi doganali alla fine, come azienda, già il 4 gennaio avevamo spedito negli USA tutto il vino che avremmo venduto durante l’anno! Alla fine abbiamo giocato di anticipo, involontariamente anche con la pandemia, e le cose sono andate bene grazie ai nostri importatori che sono stati giustamente aiutati con importanti dilazioni di pagamento. Negli affari bisogna essere contenti sempre in due…

 

In Italia, invece, per Il Poggione come è andata?

 

Fortunatamente non ci possiamo lamentare, abbiamo qua un unico distributore nazionale che è riuscito a vendere tutta la sua assegnazione. Bravo lui!

 

E come presidente del Consorzio che percezione ha avuto di come sono andate le cose? Il brand Montalcino ha tenuto?

 

A livello di Consorzio abbiamo visto che il numero dei contrassegni distato consegnati è stato come sempre importante e questo ci fa molto piacere, è un ottimo risultato. Sappiamo che normalmente circa il 70% del nostro prodotto va all’estero, ma nel dettaglio è chiaro che non possiamo sapere esattamente se il vino è stato ventuto sui mercati internazionali o in Italia. Immagino che se una azienda del territorio ha come mercato di riferimento l’Italia e, in particolare i ristoranti e le enoteche, allora avrà sicuramente riscontrato dei problemi.
Ciò che importa, lo ripeto, è il dato generale circa le “fascette” che nei primi nove mesi dell’anno sono state circa il 20% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente Siamo assolutamente soddisfatti e vedo il bicchiere mezzo pieno.

 

Possiamo dire che un altro grosso traino alle vendite dei vostri vini sono state le recensioni positive dei giornalisti di tutto il mondo?

 

Assolutamente sì, i vini del nostro territorio sono da sempre al centro della critica enologica mondiale e spessissimo, fortunatamente, abbiano avuto valutazioni positive. Le confesso una cosa: io ho 45 vendemmie alle spalle, non sono un ragazzino, ma mai come quest’anno ho visto tante recensioni positive. Questo aiuta moltissimo in tempi bui come quelli correnti.

 

Si è fatto un’idea dei motivi di queste recensioni positive?

 

I nostri vini crescono sempre più di qualità grazie sia al cambio generazionale in corso in molte aziende familiari, sia al miglioramento tecnologico che molte cantine stanno portando avanti, anche relativamente alla gestione dei vigneti. Non sono punteggi che vengono per caso quelli dati dai giornalisti!

 

A livello di consorzio avete avuto un confronto con la politica e le istituzioni per tutelare i vignaioli? Secondo lei è stato fatto tutto il possibile dal governo per limitare i danni?

 

Nel momento in cui sono usciti i ristori e, in particolar modo, quando si è parlato di distillazione di emergenza, mi permisi di esprimere a caldo che offrire 24 euro ad ettolitro per vini da tavola o Igt a un vignaiolo era come dargli un tozzo di pane. L’agricoltore, la vera sentinella del territorio, ha diritto a vivere una vita dignitosa e allora, se da un lato è giusto togliere del vino dal mercato, dall’altro si devono avere giuste contromisure economiche. I francesi hanno dato a compensazione 78 euro ad ettolitro. Questa è una cifra più dignitosa.

 

Ha avuto modo di esprime il proprio dissenso al ministo Bellanova?

 

Certo, ho espresso le mie perplessità quando l’ho incontrata. Loro, le istituzioni, dovrebbero confrontarsi più spesso con i consorzi di tutela per capire come stanno davvero le cose. In Toscana abbiamo Avito, il consorzio dei consorzi, con cui dialogare per capire se le scelte da mettere in campo sono corrette. Come accaduto, se non c’è dialogo, alla fine si prendono decisioni inique che non danno sostegno all’agricoltura che rappresenta, in Italia ma soprattutto in Toscana, la colonna portante dell’economia visto che fa da volano anche al turismo, altro settore fondamentale da queste parti!

 

Cosa chiederebbe perciò al governo?

 

Di investire in questo settore, anche a livello di immagine, anziché disincentivare la produzione agricola. Dobbiamo essere orgogliosi di essere italiani e dobbiamo girare il mondo valorizzando sempre di più i nostri prodotti e, in particolare, i nostri vini. In questo anche noi produttori dobbiamo fare un passo avanti, andare agli eventi esteri compatti sotto la bandiera italiana e capire che il gioco di squadra è vincente.

 

Per il 2021 cosa si aspetta?

 

Fare manifestazioni, finalmente, tornare presto alla normalità promuovendo i nostri vini. Andremo come consorzio – covid permettendo – negli Stati Uniti per mantenere il focus sulla denominazione e anche per dare un segnale di ripresa e vicinanza agli operatori di settore e ai Brunello lovers statunitensi. È ovviamente in programma anche Benvenuto Brunello a Montalcino per valorizzare le nuove annate e il territorio. Di sicuro ci sono ad oggi le Anteprime Toscane, previste a Maggio, e il Vinitaly a giugno.

 

Non farà caldo per i vostri vini?

 

Abbiamo già scritto all’Ente Fiera che deve dotarsi di grossi impianti di condizionamento. Ho ricordi di Vinitaly a ridosso di Pasqua dove faceva già molto caldo nei padiglioni e a giugno rischieremmo di far soffrire troppo vino e partecipanti.

 

Ultima domanda: a Montalcino meglio l’annata 2015 o la 2016?

 

Due annate diverse, la prima è più calda e ha dato vita a vini di grande struttura ed esplosività. La 2016 è più equilibrata e i vini che ne derivano sono fini ed eleganti. Diciamo che le due annate accontentano palati e gusti diversi e sono ambedue tra le più grandi degli ultimi anni, la conferma dell’elevato livello qualitativo raggiunto dai nostri produttori.