Si potrebbe obbiettare se la nuova Denominazione di Origine Controllata “Valdarno di Sopra”, che aggrega varie zone di produzione vinicola aretine, abbia un senso. E probabilmente ce l’ha. Quello che non ne ha è che il disciplinare preveda, sotto un unico nome, 40 tipologie di vino diverse. Con un effetto-confusione che sfiora il grottesco.

Nel riferire (qui sotto) dell’interessante appuntamento dedicato giorni fa dalla Strada del Vino Terre di Arezzo ai nuovi orizzonti della produzione vinicola aretina, avevo accennato alle mie perplessità sul quel grande contenitore, da me definito “vascone”, che si prospettava essere la doc Valdarno di Sopra, appena varata. Una nuova denominazione di origine che, per dare una cornice formale a quella sorta di “giacimento vinicolo” spalmato sulle due sponde del fiume (e rimasto finora affidato, per la sua valorizzazione, alle sole e fatalmente centripete cure delle pur prestigiose aziende che vi insistono), riunisce vini, aree e comuni che spesso a volte non hanno molto a che spartire l’uno con l’altro.
Ma questo, mi sono accorto, è il problema minore.
Per scrupolo sono andato a leggermi infatti il disciplinare della nuova doc. E sono trasalito.
Tra denominazione, sottozone (Pietraviva e Pratomagno), vitigni, bianchi, rossi, rosati, spumanti, vinsanti e riserve si arriva a un totale di quaranta (40!) tipologie diverse di vini. Quaranta vini che costituiscono altrettante scansioni di un nome geografico (Valdarno di Sopra) che già di per sé, né nel mercato vinicolo né in quello turistico, ha poca notorietà. E che oltretutto, per la sua inevitabile doppiezza (c’è infatti anche il Valdarno di Sotto, nel senso che è a valle di Firenze), è naturalmente incline a creare nel consumatore ulteriori incertezze.
Ora mi chiedo: vabbene (bene però fino a un certo punto) che quando si crea una doc occorre tener conto di tanti dettagli, interessi consolidati e talvolta contrapposti, opinioni, precedenti, strategie, speranze, localismi, personalismi, avviamenti, prospettive, abbagli, mercati veri o presunti. Ma come si faccia a non rendersi conto che una sfilza di quaranta tipologie diverse dello stesso vino rappresentano la miglior premessa per affossare commercialmente (e forse anche qualitativamente) il prodotto, mi sfugge.
I produttori hanno scelto così, mi si dirà. Certo, è la spiegazione che si tira fuori sempre. E che magari è quella vera. Ma a me pare una dimostrazione di miopia sconcertante. E mi chiedo che ci stia a fare chi dovrebbe guidarli in questo percorso. Qualcuno da rispondermi?
Ecco l’elenco completo dei “tipi vinicoli” della Doc Valdarno di Sopra:

– Valdarno di sopra o val d’arno di sopra ROSSO e ROSSO RISERVA
– Valdarno di sopra o val d’arno di sopra ROSATO
– Valdarno di sopra o val d’arno di sopra ROSATO SPUMANTE
– Valdarno di sopra o val d’arno di sopra BIANCO
– Valdarno di sopra o val d’arno di sopra BIANCO SPUMANTE
– Valdarno di sopra o val d’arno di sopra PASSITO
– Valdarno di sopra o val d’arno di sopra CHARDONNAY;
– Valdarno di sopra o val d’arno di sopra SAUVIGNON;
– Valdarno di sopra o val d’arno di sopra CABERNET SAUVIGNON e CABERNET SAUVIGNON RISERVA;
– Valdarno di sopra o val d’arno di sopra CABERNET FRANC
– Valdarno di sopra o val d’arno MERLOT e MERLOT RISERVA
– Valdarno di sopra o val d’arno di sopra SANGIOVESE e SANGIOVESE RISERVA
– Valdarno di sopra o val d’arno di sopra SYRAH

– PIETRAVIVA / PRATOMAGNO ROSSO e ROSSO RISERVA
– PIETRAVIVA / PRATOMAGNO ROSATO
– PIETRAVIVA / PRATOMAGNO BIANCO
– PIETRAVIVA / PRATOMAGNO VENDEMMIA TARDIVA
– PIETRAVIVA / PRATOMAGNO SANGIOVESE
– PIETRAVIVA / PRATOMAGNO CANAIOLO NERO
– PIETRAVIVA / PRATOMAGNO MALVASIA NERA
– PIETRAVIVA / PRATOMAGNO MALVASIA BIANCA
– PIETRAVIVA CILIEGIOLO
– PIETRAVIVA / PRATOMAGNO CHARDONNAY
– PIETRAVIVA / PRATOMAGNO PUGNITELLO