In inglese, “Nilo” si dice “Nile”. Proprio come Willie, il grande songwriter newyorkese. Che ieri sera si è esibito (a sorpresa, con la sua band) a Firenze, per l’house concert del Crete Senesi Rock & Random Festival 2011, sul prato di un “parco d’artista” e per il privilegio di chi ha scelto di esserci. Una nuova formula tutta da scoprire.

Prendi un grande parco costellato di cipressi e d’opere d’arte, sul greto del fiume, dove l’Arno è ancora pulito e la campagna intorno è verde scuro. Aggiungi una manciata di gazebo per cenare al tramonto. Mettici infine un piccolo palco per suonare e, davanti, cinquanta comode poltrone da giardino per godersi lo spettacolo.
Poi accendi l’interruttore, la scena s’illumina e scopri che dietro alla chitarra c’è Willie Nile, uno dei grandi del songwriting contemporaneo (“No one could walk the streets of New York prouder than my friend Willie Nile”, diceva qualcuno), con la band schierata a sorpresa alle sue spalle.
La serata comincia e la speranza è che duri il più possibile.
Questo è più o meno quello che è accaduto ieri sera al Pazzagli Art Park di Rovezzano. Dove gli amici della Scuola Esegetica Fiorentina (quorum ego) hanno organizzato la prima data del Crete Senesi Rock & Random Festival 2011, minirassegna di musica d’autore e senza fini di lucro che da quest’anno sperimenta l’inedita formula degli house concerts: spettacoli allestiti in case e giardini privati, solo per gli amici che si sono prenotati accettando di versare in anticipo la quota minima necessaria a coprire le spese. Non un estraneo, non uno “spettatore” in più. Tutta gente che ha voglia di stare insieme, cenare all’aria aperta e godersi la fortuna di avere grandi artisti che suonano per te, a pochi metri da te, dopo aver condiviso la cena con te.
E così per un’ora e mezzo Willie, Frankie Lee, Johnny Pisano e Jorge Otero ci hanno dato dentro, mezzi elettrici e mezzi acustici, sciorinando una serie di classici e i giusti omaggi (Buddy Holly, Jeff Buckley) all’empireo del r’n’r. Il tutto condito da contrappunti con il pubblico, battute, aneddoti e una professionalità che non ha mai fatto a pugni con la spontaneità e il piacere, anche per loro, di essere lì.
Poi, con la medesima naturalezza, hanno smontato gli strumenti e si sono fatti inghiottire dalla torrida notte fiorentina, dopo tanti cd autografati, una decina di plettri sparpagliati sul prato, qualche centinaio di strette di mano, promesse, saluti, arrivederci.
Una serata la cui scia è durata a lungo, senza che nessuno avesse voglia di andare a letto. Su tutto, una luna quasi piena come quella, vagabonda, della canzone. Solo che al parco eravamo tutti svegli e ben vivi. Un po’ per il caldo e molto per la musica. “…And we can go howlin’ ‘neath the vagabond moon…”.