di KYLE PHILLIPS.
Scarpe chiuse e maglione anche d’estate per visitare quella che fino al dopoguerra fu una “cella frigorifera” naturale e una misteriosa fonte di vento, anticamente abitata dagli orsi. Oggi è un affascinante percorso speleologico alla portata di tutti, tra le foreste della Garfagnana.
Quando la guida aprirà la porta, una ventata vi scompiglierà i capelli e capirete perché la gente del posto costruì una capanna sull’apertura della Buca del Vento – così la chiamavano – e la usarono come cella frigorifera fino alla seconda Guerra Mondiale.
Ovviamente sapevano che tutto quel vento freddo non poteva scaturire da una piccola fessura e agli inizi del secolo scorso convinsero una bambina di quattro anni ad entrarvi, gattonando. Uscì terrorizzata dicendo di aver trovato una grande apertura.
Nel 1932 un gruppo di speleologi fiorentini scavarono la fessura, trovando resti fossili di orsi delle caverne. A 70 metri si dovettero fermare di fronte ad un lago sotterraneo. Quando altri speleologi vi fecero ritorno durante un periodo di siccità nel 1962, il lago si era prosciugato e poterono così addentrarsi in uno strano mondo di stalattiti, concrezioni, drappeggi calcarei, gallerie, pozzi e cunicoli che si perdevano nell’oscurità. Sono ormai stati esplorati 4 km. di gallerie, un chilometro delle quali è aperto al pubblico.
Entrando lungo il camminatoio moderno che passa sopra al lago, comincerete a sentire l’acqua che gocciola, rumore di sottofondo che vi accompagnerà nella visita.
Ci sono tre percorsi, che durano rispettivamente una, due o tre ore (più una quarta, definita “Di Avventura” che non ho fatto). Il primo è in orizzontale, passando attraverso una serie di gallerie le cui pareti sono coperte da concrezioni, alcune somiglianti a strani mostri delle profondità marine, mentre dai soffitti pendono drappeggi calcarei di rara bellezza.
Il secondo percorso va oltre, scendendo lungo scalinate ripidissime dentro un pozzo scoperto da uno speleologo che lanciò un sasso in una fenditura e lo sentì rimbalzare a lungo. Si lasciano le concrezioni per penombre dove persino i sussurri echeggiano, minuscole gocce d’acqua ballano attorno alle luci, e tutto è coperto dai fanghi depositati dalle acque durante la stagione umida. La discesa finisce sul greto del fiume Acheronte, che sparisce nella ghiaia, e poi si torna alla sala dei drappeggi passando attraverso gallerie le cui pareti sembrano coperte da boschi in miniatura.
Il terzo percorso lascia il primo, passando lungo una parete che sembra una colata di fango congelata, per raggiungere una cascata sotterranea chiamata Pozzo dell’Infinito. Le scale sono strette, e vi bagnerete, ma vale la pena per vedere dall’alto le gocce che spariscono nel nero dell’abisso. Il percorso si congiunge poi col secondo.
La Grotta del Vento si trova in Garfagnana (Toscana): si segue la strada da Lucca verso Castelnuovo Garfagnana, girando per Fornovolasco a Gallicano, e poi si seguono le indicazioni.
A meno che non siate fisicamente incapaci di affrontare diverse centinaia di scalini nell’arco di tre ore, vi consiglio di seguire il terzo percorso, che si svolge due volte al giorno, alle 10 e alle 14 (20 euro/persona). Vi consiglio anche di prenotare, specialmente in agosto, scrivendo a info@grottadelvento.com.
Un ultimo consiglio: la temperatura nella grotta è costante, aggirandosi attorno ai 10 gradi. Se visitate d’estate, portatevi pantaloni lunghi ed un maglione (io mi sono cambiato nel parcheggio e non ero il solo). E in qualsiasi stagione, scarpe chiuse.
Se visitate la grotta al mattino, c’è una piccola trattoria un paio di chilometri prima dell’ingresso della grotta. Semplice ma non male.
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