Le sere del 14 e il 15 dicembre la mostra “Elliott Erwitt – Phographs” di Villa Bardini a Firenze resterà aperta fino alle 22. Occasione imperdibile (anche) per vedute natalizie dalla terrazza più bella della città.
Solo di recente, come spesso mi capita di fronte alle espressioni alla moda, ho scoperto il significato dell’acronimo POV: point of view, ossia punto di vista, nel senso di osservazione delle cose da una prospettiva diversa da quella usuale.
Colmata questa lacuna, mi sono poco dopo imbattuto per caso nell’inaugurazione della mostra “Elliott Erwitt – Phographs“, che è in corso fino al 20 gennaio a Villa Bardini, a Firenze.
Che c’entra l’uno con l’altra?
C’entra.
Perchè una delle poche cose che sapevo di Erwitt, oggi novantaquattrenne, già apprese nell’analoga mostra fiorentina di vent’anni fa (ahinoi, brutta cosa quando vai a “rivedere” una cosa già vista decenni prima…), è che il fotografo è passato alla storia non solo per i suoi famosi ritratti (dalla Monroe a Nixon, da Guevara a Kerouac) e per la capacità di cogliere, col click, il “momento”, l’attimo inafferrabile predicato da Cartier-Bresson, bensì per le sue foto di cani. Fatte però dal “POV” dei cani medesimi.
E quindi tanto iconiche, come oggi si dice, quanto ironiche, surreali, spesso esilaranti. Ovviamente, mi erano rimaste impresse fin da allora e anche oggi rappresentano una sorta di componente ludica (lo dico, sia chiaro, a beneficio e ad incoraggiamento dei profani) di un’esposizione tanto affascinante quanto divertente.
Mi guardo bene, sia chiaro, dal recensirla criticamente. Sia perchè l’arte fotografica è secondo me la più difficile da recensire, perchè è statica (cioè fissata dallo scatto), visiva (quindi soggetta a generare anche emozioni facili e immediate) e molto contemporanea (quindi oggetto di una critica ancora poco storicizzata), sia perchè è pure la più difficile da cogliere sotto il profilo strettamente estetico.
Di solito, parlandone, mi limito a riportare notizie, aneddoti e le impressioni più spontanee, quelle senza dubbio comuni a molti. Ad esempio su quale sia, alla fine, l’occhio col quale il fotografo ha scattato e anzi proprio in quel momento ha deciso di scattare la foto. Cosa guardava? A cosa faceva attenzione? Si affidava all’istinto? Usava tecniche sconosciute ai dilettanti?
Mi pare in ogni caso che questa mostra, settanta immagini in bianco e nero scelte e stampate personalmente dall’artista e dalla sua collaboratrice di lungo corso Biba Giacchetti ripercorrendo l’arco di una lunghissima carriera, non sia solo godibile in sè, ma abbia almeno altre due chiavi di lettura collaterali, quasi defilate, che meritano però di essere sottolineate per non rischiare di passare inosservate.
La prima è il filmato di una ventina di minuti, visibile in una saletta e girato nel 2013 da Hudson Lines in casa di Erwitt, nell’Upper West Side newyorkese, in cui il fotografo si racconta e spiega se stesso con divertito disincanto e meglio di qualunque agiografo (“The only essential thing to have if you’re going to be a reasonable photographer is a visual sense, the rest you can learn”, dice tra l’altro, involontariamente rispondendo ad alcuni dei miei precedenti interrogativi).
La seconda è il catalogo. Il volume, anzichè un lungo saggio critico, riporta infatti solo le foto in grande formato e, per ognuna, una didascalia concepita in forma dialogica: Biba Giacchetti fa una domanda o un commento sul singolo scatto ed Erwitt, secco, le risponde. O viceversa. Oppure il fotografo chiosa l’immagine con poche ma esplicite parole, senza neppure attendere la domanda. Ne nascono scambi asciutti, divertenti, illuminanti, che fanno del catalogo un raro esempio di libro da d’arte da cui, anche solo sfogliandolo, s’impara davvero qualcosa.
Ci sono poi un paio di altri piccoli valori aggiunti. Uno è la magnifica location di Villa Bardini (di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, che è anche promotrice della mostra), con i suoi insuperabili affacci sulla città di Firenze. L’altro è che, le sere del 14 e del 15 dicembre prossimi, il prolungamento dalle 19 alle 22 dell’orario di apertura consentirà di godere sulla Florence by night una serie di vedute natalizie da lustrarsi gli occhi.
Da qualunque POV.