In pochi ieri hanno capito le parole rivolte dall’on. Picchi di FI al neopremier, durante la fiducia: “Qui non siamo alla Chaltrons'”. La Chaltrons infatti è un circolo chiuso, riservato al Liceo Dante di Firenze. Ed è come il Palio di Siena. Ma col pallone tra i piedi.
La battuta l’hanno ripresa in tanti (vedi qui), ma quasi nessuno ha capito che voleva dire. Per forza: era una punzecchiatura in codice, tra concittadini. E, soprattutto, tra (presunti) iniziati.
“Si ricordi che questo è il Governo del Paese e non la Chaltrons“, ha infatti detto ieri al premier, davanti alla Camera per la fiducia, il deputato fiorentino di Forza Italia Guglielmo Picchi. “Il Picchi lo conosco…“, avrebbe a sua volta biascicato Don Matteo.
Linguaggio cifrato, insomma.
Ma usato da chi, a sua volta, ha poco titolo per usarlo.
Di cosa sia la Chaltrons’ infatti, più in esteso la Chaltrons’ Cup, nè Picchi nè Renzi possono sapere molto, anche se il secondo certamente qualcosa più del primo.
La Chaltrons’ è un torneo di calcio. Di calcio destinato agli scarponi puri e ai giocatori falliti, per meglio dire. A cui sono ammessi solo gli studenti e gli ex studenti del Liceo Classico Dante di Firenze, dove studiarono Francesco Baracca, Giovanni Pascoli e tanti altri bei nomi, nonchè i frequentatori conclamati e riconosciuti della piazza antistante, lato sinistro uscendo dalla scuola (perchè “piazza di là non fa piazza“): piazza della Vittoria.
Un torneo di calcio destinato quindi ai pochissimi. Per giocare nel quale vip e gente comune è disposta a tutto, perfino a far scendere in campo la mamma-ex liceale in brache.
Perchè a Firenze “fare la Chaltrons'” è una sorta di status symbol. Il segno di appartenenza a una casta, a una razza. Razza assolutamente interclassista e interideologica, ma coesa al massimo. Orgoglio chaltrone, verrebbe da dire.
Al punto che perfino millantarsi può portare qualche vantaggio.
Lo credette anni fa anche l’allora candidato a sindaco di Firenze Matteo Renzi quando, a caccia di voti, pateticamente tentò di accreditarsi qualche partita in curriculum. In fondo, quel liceo l’aveva frequentato davvero. Ma i campi di Brozzi, dell’Affrico, del Poliri e delle Caldine, no. E qualcuno (quorum ego) lo fece notare.
Capita la gaffe, lui tentò di rettificare dicendo che aveva partecipato solo a qualche “allenamento“. I veri chaltroni risero (nessuno fa allenamenti), gli altri dimenticarono.
A onor del vero, va anche detto che certe fonti attribuiscono a Renzi alcuni arbitraggi. Non mi risulta, ma se così fosse la mia considerazione verso il personaggio salirebbe: in Chaltrons gli arbitri rischiano, se non la pelle, almeno i connotati e di sicuro il buon umore.
Vi chiederete a questo punto in che consista, questa Chaltrons’.
Beh, immaginate un Palio di Siena ma disputato tra una dozzina di squadre di 11 giocatori che provano, con pessimi risultati ma elevato ardore, a giocare a calcio. Pensate a un regolamento in cui, esattamente come nella carriera senese, le tre componenti fondamentali della disfida (e della vita) si equilibrano: sorte, scaltrezza, destrezza. E in cui, avendo ogni calciatore un punteggio in base alla propria perizia tecnica ma non potendo il livello della squadra in campo superare, per somma di punti, la soglia della mediocrità, i bravi sono costretti a palleggiare con gli scarsi e i campioni a passare il pallone alle pippe. Un torneo feroce, che non ha nulla di sportivo e tutto di bellico. Ove la regola è violare le regole purchè all’insaputa dell’avversario, per dimostrare di essere più abili, scaltri, e spudorati. Dove falsificare documenti e pagelle è un’arte. Dove la cospirazione è una necessità. Dove le pedate sugli stinchi sono più numerose di quelle date alla sfera e dove, spesso, volano manate anche tra amici fraterni. Il tutto tenuto insieme dal rispetto delle norme non scritte, dallo spirito chaltrons, dall’onore di un’appartenza dai connotati quasi etnici: intelligenza, originalità.
Perchè per il resto la Chaltrons’ divide. Crea odii implacabili, rivalità intragenerazionali marezzate di goliardia allo stato puro. Lo dimostrano i nomi delle squadre, aggregate attorno a gruppi storici e a leader tanto carismatici quanto tecnicamente disgraziati (fare il capo è del resto l’unico modo per essere titolari garantiti): Lanerossi Violenza, Vulvantes, Beghe, Erotika Virtus, Sventrapassere, Kaimani.
Bestemmia libera e fuorigioco più che virtuale. Gli arbitri delle partite sono i giocatori delle altre squadre, il che già da solo la dice lunga. La massima recita che l’arbitro non si tocca (a volte è pure vero), ma in compenso lo si seppellisce di contumelie. Una volta tentarono di affogarne uno nella canaletta di bordo campo, piena di fango dopo un terrificante acquazzone. Alle riunioni di inizio torneo, quando a maggioranza si vota per alzare le valutazioni dei giocatori nemici ed abbassare quelle dei propri, la tensione è così alta che qualcuno vomita sul tappeto.
La Chaltrons si gioca da quasi cinquant’anni, ma ha una tradizione talmente tenace da sembrare secolare. Spesso, ormai, ci sono squadre con genitori e figli. C’è pure, in tono minore, una Chaltrons femminile in cui i nomi dei club ricalcano, per spirito goliardico, quella maschile.
Ora, per concludere: in questa polveriera di latinorum, schiaffi, calcioni, madonne varie, perfidie, astuzie machiavelliche, pallonate in tribuna, ciccature diffuse, offese irriferibili, scontri generazionali e fisici voi ce lo vedete l’ex scout Matteo Renzi? O qualcun altro dei nostri parlamentari?
Via, siamo seri.
Quindi l’on. Picchi ha ragione: il Parlamento non è la Chaltrons’.
Se poi anche lui, per evitare di parlare per sentito dire, volesse capire meglio di che si tratta, si rivolga a noi.
PS: è legittimo che il lettore si domandi, a questo punto, come possa il sottoscritto essere così finemente informato sulla materia. Beh, per darsi una risposta, guardi la foto.