Il primo corso on line dell’Odg per la formazione continua è su quel tema. Idem quello, svoltosi ieri live, dell’OdG toscano. E noi all’Aset abbiamo varato venerdì l’osservatorio deontologico. Dopo l’unità di intenti, confidiamo si passi all’applicazione della teoria.
Sono da sempre convinto che le cose non accadano quasi mai per caso. Lo credo non in virtù di fede cieca, ma grazie alla forza del senno di poi: quello che succede dopo dimostra spesso che quanto accaduto prima non era casuale.
Prendiamo la deontologia professionale dei giornalisti, tema per decenni talmente desueto che talvolta la gente ha dovuto prendere il vocabolario per capire che volesse dire.
Da un po’ non si fa che parlarne.
Ne do atto: con dosi di moralismo sovente oltre la soglia del sopportabile. Ma comunque se ne parla e anche se ne straparla.
Se ciò accade, è il sintomo che, nella quotidianità, qualcosa è scattato e ha fatto nascere quest’esigenza.
Che cosa?
Mah, magari il fatto che, millimetro dopo millimetro, ci si è collettivamente quanto inconsapevolmente accorti che il limite era stato superato da un pezzo e che la continua frammistione tra comportamenti incompatibili sotto il profilo professionale (conflitti di interessi, marchette, doppi ruoli, infotainment, redazionali spacciati per articoli, veline, autopubblicazioni, violazione delle più elementari norme su privacy e rispetto degli individui, separazione tra fatti e opinioni, mancato rispetto della verità, strabismi strumentali, militanza politica scambiata per terzietà di comodo, appelli alla presunta democrazia del web e alle licenze che essa concederebbe anche ai giornalisti, crassa ignoranza gabellata per buona fede, etc) stava portando, se non ci ha già portato, alla totale perdita di credibilità della categoria.
Il che vuol dire alla dissipazione del lavoro di tutti.
Bene, quindi.
Il nuovo bombardamento sull’etica professionale porterà qualche frutto?
Qualcuno, di sicuro.
Leggere nel viso della gente il sussulto provocato dalla scoperta che certi comportamenti, di cui si sospettava la scarsa correttezza, non erano corretti affatto e che quindi sono (sempre in teoria, si capisce) sanzionabili, dà una certa libidine e ti fa di colpo sentire “normale”, dopo che per anni c’è chi ti ha riso in faccia come se fossi un marziano o uno “fuori dal mondo” perchè “lo fanno tutti“.
La categoria avrà la forza di passare dalla teoria ai fatti e di riportare in carreggiata l’ondivaga professione?
Le strade obbligate sono due: l’avvio senza pietà dei provvedimenti disciplinari, quando necessari (con i rischi – pro e contro – legati all’istituzione dei consigli di disciplina, che di fatto hanno sottratto all’Ordine l’esclusiva in materia di sanzionatura degli iscritti), e la rinata consapevolezza dei giornalisti, infusa anche grazie alla formazione obbligatoria, sull’esistenza di limiti ai quali non è lecito derogare.
Fare un bilancio, tra un paio d’anni, sull’effetto combinato della riforma in materia di disciplina e di formazione sarebbe molto interessante.
Rilancio la palla e la proposta a Enzo Iacopino.