Rompere il protocollo è spesso uno slogan, talvolta un palcoscenico, di rado un piacere, quasi mai una necessità. Peccato, perchè a proposito di false recensioni i giornalisti dovrebbero invece averne il coraggio. Oppure provare a invertire le parti.
Lo show cooking era finito. I bicchieri pure, azzerati dai 250 invitati. Ma la gola ardeva. In fresco, sui tavoli, ancora tante belle bottiglie di Menabrea 75 Bock, una delle birre della linea top restaurant della casa birraria, tra gli sponsor della serata.
Un’occhiata d’intesa. Passa un cameriere, in tasca ha un cavatappi. Snap!
E così, davanti a un gruppo di allibiti signori in blu e signore in lungo, io e Daniele Zennaro, lo chef del “Vecio Fritolin” di Venezia, ci siamo fatti un birrone a garganella.
Sfondo: il party organizzato lo scorso 1 marzo al Baglioni di Firenze da Italia a Tavola in occasione della consegna dei premi 2013 per la gastronomia e la ristorazione.
Un bell’evento mondano, a tratti perfino glamour, chiassoso quanto basta, preceduto da un intrigante dibattito sulle recensioni di locali e ristoranti ai tempi di Tripadvisor e da un rutilante spettacolo durante il quale sei blasonati chef italiani (Andrea Berton, Filippo La Mantia, Rosanna Marziale, Giancarlo Morelli, l’ottimo Marco Stabile e ovviamente Daniele Zennaro) si sono prodotti nella preparazione in diretta di altrettanti finger food di loro creazione.
Purtroppo mi sono perso il momento (per me) clou, quello sulle recensioni on line, quando sul palco sono saliti il direttore del Tg2, Marcello Masi, come moderatore, Valentina Quattro, portavoce di TripAdvisor per l’Italia, Luigi Cremona, curatore della Guida degli alberghi e dei ristoranti del Touring club italiano, Aldo Cursano, vicepresidente vicario della Fipe-Confcommercio nazionale, Alberto Lupini, direttore di Italia a Tavola, Claudio Sadler, cuoco del ristorante Sadler di Milano e presidente dell’associazione Le Soste, Gianfranco Vissani, chef del ristorante Vissani di Baschi (Tr), la scrittrice Roberta Schira e Alfredo Zini, presidente dell’Ebnt (Ente bilaterale nazionale del turismo) nonchè vicepresidente vicario della Fipe.
Lì mi sarei aspettato che qualche collega – collega nel senso di cronista e non di critico, cioè di parte in causa nel dibattito – alzasse il ditino e osservasse un po’ di cose.
Ad esempio che la professionalità è un elemento essenziale della cucina (il cliente sarebbe proprio sicuro di essere contento di sapere che ai fornelli c’è un ferroviere e in sala un geometra vestito da sommelier?) e che fare ristorazione non equivale proprio a “cucinare”, esattamente come fare cronaca non equivale esattamente a “scrivere“.
O, sempre ad esempio, che è altamente demagogico appellarsi alla presunta “democrazia” di internet o al fatto che l’anonimato è “ovunque” in rete e non solo su Trip Advisor, come se ciò giustificasse la cialtronaggine e l’uso strumental-commerciale della rete.
Per non dire dell’affermazione secondo cui il web metterebbe “sullo stesso piano” di (presunto) potere il critico e l’utente, il professionista e il buongustaio del sabato sera.
Insomma mi sarei aspettato che la mia categoria si difendesse dai tanti tentativi di delegittimazione in corso da parte di chi ha interesse a gettare fumo negli occhi a un’opinione pubblica spesso un po’ di bocca buona.
Mi riferiscono che invece nessuno di questi punti è stato minimamente eccepito dalla platea.
Al direttore di Italia a Tavola, Alberto Lupini, uomo sensibile e attento, lancio allora una proposta: l’anno prossimo, sul palco mettiamoci i giornalisti e tra il pubblico, a fare domande, gli chef, i rappresentanti delle categorie e di Trip Advisor, i curatori di guide. Vediamo cosa dicono i primi e cosa eccepiscono i secondi.