Si riaccendono le polemiche sollevate da un paio di vecchi post (qui e qui) sulla contraddizione di chiamare “eroe” chi viene a divertirsi dove la gente vive male. Come i ciclisti dell'”Eroica – Strade Bianche”, la famosa corsa sugli sterrati senesi in cui mancano acqua corrente e gas. Ovviamente non ce l’ho col ciclismo, ma …

E’ un vero peccato che la testolina di Maria Antonietta, regina di Francia, sia caduta nel cesto della ghigliottina prima che inventassero il velocipede, poi divenuto bicicletta.
Altrimenti avrebbe potuto toccare a lei – famosa per aver invitato il popolo affamato, che non aveva pane, a mangiare brioches – l’onore di pronunciare la non meno acuta frase uscita invece oggi dalla bocca di un appassionato ciclista a commento di certi post apparsi su questo blog.
Il quale ciclista, di fronte alle proteste mie e degli abitanti della zona del Senese (sottolineo Siena, non l’Africa sub sahariana) dove vivo e sulla cui strada, erta e sterrata, ogni anno transita la celebre gara ciclistica “Eroica – Strade Bianche”, zona in cui da sempre mancano servizi essenziali come l’acqua potabile (e non potabile: proprio l’acqua, del tutto), il ritiro della nettezza urbana, lo scuolabus e altre inezie, non ha saputo trovare di meglio che sentenziare: “Manca l’acquedotto? Che scavino pozzi!”.
Se non ci fosse da morire di rabbia, ci sarebbe da schiantare dal ridere.
Ma l’episodio è significativo del modo in cui l’opinione pubblica, insomma l’uomo medio affronta le questioni che, pur gravi, non lo interessano direttamente.
Facciamo dunque, per chiarire meglio, un breve riassunto.
In provincia di Siena, nelle bellissime e fotografatissime Crete Senesi, c’è una vasta zona dove fino a mezzo secolo fa abitavano un migliaio di persone, ridotte ora a poche decine.
Motivo? Quello di gran lunga principale è che lì – sebbene si sia a soli 3 km dal capoluogo (Asciano), a 15 da Siena e l’area sia attraversata da una strada comunale, quella della corsa appunto – manca ogni cosa: acqua, gas, ritiro nettezza urbana, trasporti pubblici. Mancando o essendo stati nel tempo aboliti i detti servizi, tutto è andato in crisi: i piccoli insediamenti rurali, l’agricoltura, le fattorie, i commerci. Gli abitanti sono a poco a poco letteralmente scappati. Un’emorragia, viste le condizioni di vita, inevitabile e inarrestabile.
Nota bene: la marginalizzazione dell’area non è la causa, ma l’effetto della mancanza di servizi.
Non è vero cioè, come tentano ora di giustificarsi i pubblici amministratori (cercando pure, impudicamente, di farsene belli) che la zona è rimasta “vergine” grazie alla loro antica lungimiranza estetica ed ecologica: il comprensorio è invece rimasto economicamente, ecologicamente, culturalmente, architettonicamente e socialmente arretrato proprio a causa del loro (per non buttarla in politica) pluridecennale, sfacciato, colpevole disinteresse. Ci abitano ormai pochi e tenaci abitanti (quorum ego) rimasti attaccati come licheni alla terra d’origine, tra indicibili disagi. Perfino i pastori, che negli anni ’60 avevano preso il posto dei contadini, a causa della mancanza d’acqua (indispensabile per la sanità degli allevamenti) hanno in gran parte tolto le tende. Per lo stesso motivo, il turismo che è fiorito tutto intorno lì non ha mai potuto attecchire. Nè si sono potuti insediare, come altrove, nuovi residenti.
Ora, trasformatosi lo squallido abbandono degli scorsi decenni in un luogo (per chi lo osserva da fuori) quasi selvaggio e pittoresco, si tenta di rivenderlo come destinazione turistico-sportiva-avventurosa.
E ci si fa passare appunto l’Eroica, la gara ricca di sponsor milionari e di carrozzone al seguito, in cui si invitano i partecipanti a trasformarsi in “eroi della polvere”.
La stessa polvere che io mastico tutti i giorni, che si solleva a nuvole intere dalla strada sterrata e che nemmeno posso lavare via, per mancanza di acqua.
Ora, capirete che essere usati come richiamo turistico, scimmiette in gabbia, fenomeni da baraccone, insomma poveri masochisti che si “divertono” a stare in quelle zone da lupi e a cui i gitanti possono tirare, passando, la proverbiale nocciolina, sia un po’ irritante.
Che sia irritante sentire i pubblici amministratori responsabili di tutto questo vantarsi come ideologi dello sterrato ecologico e vagheggiare perfino un “catasto” apposito, che congeli lo status quo. Che sia irritante non aver mai sentito profferire una sola parola su un reimpiego delle risorse e della “promozione” che deriverebbe al territorio da parte di certe manifestazioni per realizzare, ad esempio, infrastrutture indispensabili e servizi essenziali per chi sul territorio interessato ci vive.
E che lo sia anche di più se, leggendoti manifestare il tuo disagio (un disagio profondo, che ha colpito più generazioni e che si è tradotto ormai in un male sociale e ambientale), qualche frescone ti inviti a “scavare pozzi” se non hai l’acqua (come se non si fosse già provato: peccato che in argilla l’acqua non ci sia) o a “prendersela col comune” (bella scoperta: chissà con chi è che si combatte da mezzo secolo).
Il fatto è che, essendo rimasti due gatti e non avendo quindi la forza economica né numerica, la massa, i mezzi per far rumore e ottenere visibilità, magari ti aspetteresti un gesto di solidarietà o almeno di comprensione da certa gente che si dice “innamorata” (ma ancora una volta dal di fuori) della “zona da sogno” in cui vivi.
E invece certi allegri ciclisti (non tutti, per fortuna, e non solo ciclisti in verità) si risentono, non vogliono che gli si tocchi il balocco, fanno insomma come certi turisti che vanno in vacanza nei villaggi dell’Africa o nelle favelas brasiliane per fare le foto ai bambini poveri e provare “l’effetto che fa”, fingendo di non vedere nè sapere tutto il resto.
Ecco, a loro auguro di venire presto sulle nostre belle strade bianche dell’Eroica, cadere a causa del fondo impraticabile, farsi tante belle sbucciature e magari qualche piccola frattura. E poi sentirsi dire, come dicono a noi, che l’ambulanza non può venire perché la strada è sconnessa e troppo ripida. Che le ferite non si possono lavare perché manca l’acqua. Che non ci si può dissetare per lo stesso motivo. Che non si può alloggiare perché, mancando l’acquedotto pubblico, manca l’abitabilità degli edifici. E che nemmeno bende, garze, cerotti, tubolari e borracce si possono buttare nella spazzatura, perché il cassonetto non c’è e, se ci fosse, nessuno verrebbe a svuotarlo.
Poi, magari, ne potremo riparlare.