Aiuto, aiuto, aiuto.
E’ tempo di Vinitaly, le sindromi si ripetono e le sciocchezze si sprecano, facendo riproporre così vecchie domande.
Ad esempio: per essere valida, un’iniziativa imprenditoriale vinicola (e non) deve per forza essere anche densa di episodi lacrimosi e grondare di buoni sentimenti?
E’ un vissuto da Libro Cuore a nobilitare un imprenditore di successo?
E in ogni caso, se quel vissuto non ci fosse, dovrebbe essere proprio necessario inventarselo?
Fino a che punto la fantasia può contaminare il marketing e sconfinare nell’informazione, quando alla fine anche i giornalisti si bevono le panzane e le riportano come verità, prestandosi al gioco tanto da fingere di non sentire puzza di bruciato in certe notizie divulgate via comunicato stampa?
Per carità, la reclame è l’anima del commercio e chiunque produca qualcosa, vignaioli compresi, ha ovviamente e innanzitutto necessità di vendere ciò che produce ai prezzi e alle condizioni migliori.
Passino quindi, nel nome della propaganda, i blasoni fantasiosi, le intuizioni molto romanzate e le umane speculazioni spacciate per spontaneo altruismo.
Poi basta, però.
E invece giù frullati di milioni investiti – certo! – per slancio benefico, di sogni capitalisti sì, ma impregnati di idealismo, di self-made-men nati aristocraticissimi ma precipitati da un destino cinico e baro, prima del sacrosanto riscatto, nell’inferno plebeo e poi risorti grazie a lavori umilissimi e a quotidiane inalazioni dei profumi taumaturgici della terra, dell’erba, del letame, del mosto.
E giù, di conseguenza, paccate di articoli agiografici, di spunti biografico-narrativi non verificati o inverificabili, di nomi e valori e idee e vitigni e luoghi di richiamo presi in prestito qua e là per creare un mix altisonante e darsi un tono, uno spessore storico, una patente superflua di onorabilità morale: tutta roba che l’ingenuo o complice cronista acriticamente acquisisce per regalare al consumatore-lettore (notare l’ordine dei fattori) un bel quadretto in cui specchiarsi.
Ecco: se io fossi un onesto vignaiolo che senza tanti fronzoli sfacchina dalla mattina alla sera per far campare la propria azienda, magari con tanti bei mutui, o se fossi un lettore avido di notizie e non di storielle artificiose, o un appassionato di vino desideroso di buoni sorsi invece che di fantasie diluite nel bicchiere, o se fossi anche un bravo cronista che riesce a farsi leggere trovando risposte alle domande e non riportando risposte finte a domande mai fatte, un po’ mi incazzerei.
E direi basta al ritornello di “una lacrima sul vino“.