Il nuovo libro della giornalista Elisabetta Caracciolo condensa  27 anni di vita vissuta avventurosamente tra deserti, rally, piloti, auto, moto, camion, bivacchi, aerei. Da Ickx a Regazzoni, da Peterhansel a Despres, ma con Dakar nella mente e Fabrizio Meoni nel cuore.

 

Devo confessare che un po’ della sabbia che riempie le tasche di Elisabetta Caracciolo è anche nelle mie.
Non solo perché, con lei, ho condiviso un’ormai lontana ma indimenticabile esperienza professional-rallystica al Faraoni 2003. Ma perché, pur diffusi nel tempo e a distanza, senza saperlo abbiamo battuto spesso gli stessi deserti.
Lei sempre a rincorrere storie di piloti e motori, io a raccontare le istantanee che quei luoghi lasciano impresse negli occhi del viaggiatore. Tutti e due però costantemente sospinti da un certo erosivo desiderio di andare un po’ più in là, per vedere cosa c’è dietro l’angolo. O oltre quella duna.
È per questo che, quando mi sono addentrato con grande curiosità tra le pagine nel suo libro (appunto “Tasche piene di sabbia“, L’Orto della Cultura Editore, 248 pagine, 22 euro), non ci ho messo un attimo a riconoscermi e a riconoscere le situazioni, le tipologie di persone, i sentimenti, gli odori, gli stati d’animo evocati nel racconto dei suoi 27 anni da giornalista “da corsa” al seguito dei più importanti rally raid del mondo, incluse tutte le Dakar (eccetto quella del 2006) dal 1991 al 2017.
Se sia un record non lo so, ma si tratta di un numero (e quindi di un’esperienza) enorme, che Betti ha saputo narrare per capitoli, come in una sorta di galleria di persone e luoghi, con occhio tra l’ironico e il disincantato di chi ne ha viste di tutte, ma non ha ancora perduto lo stimolo per sorriderne e vederne ancora. Senza risparmio, attingendo a un libro dei ricordi che comprende anche tante belle foto e una sfilza davvero infinita di appunti inediti, comici, tragici, perfino intimi.
Anche perché la Caracciolo, partita come sovente accade dall’umile ruolo di cronista di provincia, non solo di quel girovagare ha fatto una professione, ma l’ha saputo sperimentare nel profondo, prestandosi a tutto ciò che fosse necessario per avere, alla fine, qualcosa di cui scrivere e per alimentare il sogno: dal copilota all’addetto alle cucine, dall’ufficio stampa all’inviato, dalla crocerossina al Mister Wolf, quello che risolve i problemi. Tutta la verità e nient’altro della verità, ma senza cinismo. Viceversa, con una partecipazione emotiva che affiora pagina dopo pagina, tradendo una fragilità sincera.
Insomma avventura dopo avventura Elisabetta affonda, come una specie di infiltrato speciale, in un mondo tanto ostico quanto inclemente, canagliesco e cavalleresco al tempo stesso, egoista e solidale, spietato e altruista, eroico, incosciente, tanto folle quanto determinato quale è quello dei grandi raid, dove superprofessionisti e amatori, case ufficiali e dilettanti si fronteggiano condividendo ogni giorno, nel bene e nel male, mensa e bivacco, incidenti e imprevisti.
Le sarò sempre grato di avermi invitato, l’anno dopo la sua tragica  scomparsa alla Dakar del 2005, al memorial di Fabrizio Meoni, l’impareggiabile “cinghiale” a due ruote, il cui spirito non a caso aleggia ovunque tra le pagine, impregnando di sè un libro che strapperà forti emozioni a chi conosce l’ambiente e regalerà a chi lo conosce meno il piacere di un’aneddotica infinita, tutta di prima mano. Da Ciro De Petri a Clay Regazzoni, dai momenti felici a quelli più terribili, “Tasche piene di sabbia” racconta oltre un quarto di secolo vissuto pericolosamente, ma anche molto umanamente, sospeso tra penna e motore.
Aggiungo che si tratta di una sabbia fine, a volte impalpabile, filtrata col setaccio di chi ai fatti non solo assiste, ma sa osservarli dal di dentro, perché ne fa parte fino in fondo, un privilegio non riservato a tutti.
E aggiungo pure che, per chi ha fatto del nostro mestiere corsaro una professione militante, è anche un manuale di giornalismo praticato, un baedeker sull’indispensabile capacità di arrangiarsi, di buttarsi, di intuire, di prevenire, di adattarsi e di galleggiare che connota chi ha scelto quella strada. Una lettura da mandare a memoria, insomma, da parte di chi ha qualche velleità nel settore e imperdibile per chi ami i motori, i rally, i raid, le auto, le moto, l’Africa, l’avventura e, naturalmente, la Dakar.
Dunque, come direbbe Clay: brava Bettina (hahaha)!