Da presunto motore di sviluppo, il turismo di massa è diventato – nella pelosa indifferenza generale – un problema reale. A Barcellona i residenti vandalizzano i bus dei turisti. Ma il vero nodo è l’omologazione, che ha reso tutto uguale, livellandolo al ribasso. Sarebbe roba ghiotta per i giornalisti.

 

Venezia (Firenze, Roma, Barcellona…), abbiamo un problema“.
Dopo quattro lustri di pelosa distrazione, di colpo il mondo si sta accorgendo che il turismo di massa, da risorsa e motore di sviluppo, si è trasformato in boomerang.
Non lo sta diventando, lo è già.
Lasciamo perdere perché, tanto le cause si conoscono. E gli effetti sono sotto gli occhi di tutti.
Va invece affrontata l’emergenza, visto che non si è voluto prevenirla nonostante le copiose avvisaglie.
I punti da affrontare sono due, combinati: la massa e la sua omologazione, che produce effetti grotteschi.
La gente oggi può permettersi di andare in giro per il mondo, praticamente ovunque (salvo i paesi a rischio, ma allora non è per scelta), anche se questo di per sé non è un male. Non a caso nell’ultimo ventennio l’industria del turismo è esplosa su scala planetaria, conducendo pullman pieni di deportati delle vacanze nei posti più improbabili e a costi alla portata di qualunque tasca e livello cultural-cerebrale. Nemmeno la crisi globale è riuscita a fermarla, ha solo rallentato la costruzione di nuovi assurdi aeroporti in luoghi senza senso e rafforzato il dominio mondiale del trasporto low cost, presupposto fondamentale del turismo di massa.
La vera rottura dell’equilibrio è avvenuta infatti con l’omologazione culturale dei turisti. Tutti, o comunque quella percentuale altissima di essi che costituisce il trend, vogliono ovunque la stessa cosa e quindi si spostano da un punto all’altro dell’orbe terracqueo solo per fare lontano da casa ciò che abitualmente a casa già fanno: bere, ballare, sballare, comprare, divertirsi, trasgredire. Il Ponte di Rialto trasformato in piscina e il Ponte Vecchio trasformato in pisciatoio sono lì a dimostrarlo.
L’esempio del trasporto low cost ha indotto la nascita di un analogo sistema industriale di alloggi low cost: airbnb, locazioni al nero, camere-alveare, booking.com, espulsione dei residenti dai centri storici delle città d’arte, home-restaurant, piazze-bivacco o perfino campeggio, sagre con numeri da Woodstock, panini e coca consumati sui sagrati delle chiese. Con il ventennale ritardo di cui sopra, l’amministrazione fiorentina ha provato ad arginare la massa con gli idranti, ma è come fermare i barconi degli scafisti con la fionda.
Quest’invasione edonistica, che ha spinto anche la più sfigata delle non-destinazioni a trasformarsi in attrazione e ad attrezzarsi per diventarlo, alla fine ha portato più problemi che benefici e la gente normale comincia ad averne abbastanza.
Il silenzioso malcontento è diventato dissenso esplicito. A Barcellona i cittadini stufi imbrattano i pullman dei turisti imbrattatori. A San Gimignano il sindaco, che per l’usura delle scarpe dei turisti deve ridipingere le strisce pedonali nove volte più spesso del normale, non riesce ad arginare gli esercizi pubblici che espongono paccottiglia di cartapesta spacciandosi per museo (per i dettagli, vedi qui).
Sarebbe bello se non il solito cronista coraggioso, ma qualche giornalista del settore, che conosce bene la materia, le sue sfumature, la sua delicatezza, facesse un bella inchiesta-reportage sull’argomento.