A meno di due giorni dalla riunione della Commissione per l’equo compenso, si è riunita via web quella “ombra” costituita da me e sette colleghi. Documenti prodotti, per ora, nessuno. Ma è bastato il fatto in sè per far scattare il dissenso preventivo dei soliti noti.
Nulla è più noioso di un film già visto. Soprattutto se era stato noioso pure la prima volta.
Ecco: da quando è stata costituita la commissione-ombra per l’equo compenso, stiamo assistendo al solito film. Un minuetto stucchevole. Un giochino delle parti in cui qualcuno, spiazzato dal sorgere di qualcosa che magari si rivelerà inoffensivo o perfino utile alla causa, ma incontrollabile (e pertanto fuori dalla logica di chi è abituato a credere che tutto sia sotto il suo olimpico controllo), si avventura nella prevedibile operazione di gettare discredito preventivo addosso a chi non si è ancora pronunciato, nè si sa se lo farà. O come.
E’ una congiura doppia e ambigua: doppia perchè basata sul silenzio ufficiale e ambigua perchè articolata sulle chiacchiere a mezza bocca.
Assunto di partenza: “Ma questi chi credono di essere?“. Appendice del più ampio, italico corollario “Loro non sanno chi sono io“.
Invece, cara ombra che temi – senza conoscerle – le ombre e perfino la tua, chi siamo te lo diciamo noi, spontaneamente, senza neppure chiederti lo sforzo di domandare.
Siamo colleghi.
Comuni colleghi. Gente seria, onesta, coi problemi di tutti.
E che la professione, con le sue pene, la conosce bene. Dal di dentro. Per averla praticata e praticarla ancora, finchè sopravvive, tutti i giorni.
Gente insomma che non solo ha il diritto, ma il dovere di avere un’opinione (solo un’opinione, non la verità assoluta) su una questione di cui tutti si riempiono la bocca, ma pochi sanno davvero: l’equo compenso del lavoro giornalistico.
Quello per il quale, dopodomani a Roma, si riunisce una commissione prevista dalla legge, a costituire la quale vanno, nientepopodimeno, che un sottosegretario, i rappresentanti dei ministeri del Lavoro e dello Sviluppo economico, il presidente dell’Ordine dei Giornalisti, il segretario generale della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, il presidente dell’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani e un esponente della Federazione Italiana Editori di Giornali.
Si dirà: chi meglio di tanti pezzi grossi?
Può darsi che sia così.
Ma siccome i precedenti non sono incoraggianti e la categoria boccheggia a fronte dei tentennamenti (a geometria variabile, come tattica comanda, si capisce) delle proprie istituzioni, nonchè delle acrobazie politico-normative della sua controparte naturale (leggendaria la pretesa avanzata dalla Fieg a gennaio, quando accampando fantasiose interpretazioni della legge chiedeva, con finalità palesemente dilatorie, di avere in commissione nove – nove, nel senso di 9 – rappresentanti), noi ci siamo “permessi” di farci avanti.
Per sabotare, criticare, distruggere, confutare a priori ogni elaborazione teorica prodotta dalla commissione? Macchè! Al contrario: ci offriamo come gruppo di lavoro parallelo che, con toni pacati e, sì, una certa competenza, intende affiancare l’attività istituzionale con suggerimenti, annotazioni, note a margine. Le intenzioni insomma sono le migliori. E ci saremmo aspettati, se non un pubblico plauso, almeno un bonario buffetto di incoraggiamento.
La cosa grottesca è invece che a storcere la bocca a fronte di questa iniziativa nata “dal basso“, come va di moda dire, senza finalità di speculazione o lucro e anzi sotto la sola spinta di dare un contributo concreto, serio e sobrio alla discussione, siano proprio gli ambienti giornalistici. Mica tutti, intendiamoci. Quelli poco abituati alla dialettica e subito pronti a intimare di “non disturbare il manovratore“. Anche se il manovratore, dettaglio irrilevante, sta conducendo il torpedone dritto nel burrone.
Dunque: CHI SIAMO lo spiega benissimo, qui, il collega (e commissario-ombra, naturalmente) Antonello Antonelli in un post appena pubblicato sul suo blog.
CHI CI CREDIAMO DI ESSERE lo dico invece io: nessuno. Nessuno tranne ciò che siamo, ovvero giornalisti grandi e vaccinati, in certi casi perfino scafati e, per diretta esperienza in materia di lavoro autonomo, competenti. Tutti liberi professionisti o indipendenti (forse non è un particolare secondario), che hanno delle idee e sono convinti di poter dare spessore alla discussione. Ascoltando tutti, senza volontà di polemiche, o di guerriglie, o di chiasso. Non cerchiamo visibilità, solo ascolto. Anche in nome e per conto dei tanti giornalisti che, in silenzio, sono dalla nostra o la pensano come noi.
Senza dubbio faremo da stimolo, a volte incalzeremo perfino (in fondo sono sei mesi che la commissione deve riunirsi, o no?, e anni che la libera professione langue), ma da noi si avranno solo argomenti seri e riflessioni serie.
Se qualcuno non ci crede, scommetta.