di LORENZO COLOMBO
Affascinante la storia del Domaine Tariquet, sui Pirenei occitani: i resti del castello e i vigneti devastati dalla filossera furono acquistati da un addestratore di orsi e poi venduti a produttori di Bas-Armagnac, che ora fanno vini bianchi. Come questo Igp Côtes de Gascogne “Côté” 2019.

 

Ercé è un piccolissimo villaggio situato nel Parc naturel régional des Pyrénées Ariégeoises, ai piedi dei Pirenei nel dipartimento di Ariège, nella regione dell’Occitania, tanto piccolo che il numero dei suoi abitanti è di poco inferiore all’altitudine del villaggio, 574 metri slm.
La sua fama, tra Ottocento e Novecento, era legata al fatto che lì si erano specializzati in qualcosa di piuttosto insolito: l’addestramento degli orsi. A Ercé si trovava infatti l’unica scuola francese per l’insegnamento di questo mestiere.

Anche la storia del Domaine Tariquet inizia in effetti con gli orsi. Il fondatore infatti, un certo Artaud, era un addestratore di plantigradi, professione che lo portò in giro per il mondo, sino a stabilirsi negli Stati Uniti.
Rientrato in Francia nel 1912, s’innamorò del castello di Tariquet e, richiamato in patria il figlio Jeanne Pierre (che era rimasto in America e aveva sposato Pauline, anche lei originaria del dipartimento d’Ariège), acquistano insieme la diroccata dimora e i sette ettari di vigneto circostante, completamente devastato dalla fillossera.

Senza addentrarci ulteriormente nella storia del Domaine e nelle vicissitudini degli Artaud, cosa che potete leggervi qui, arriviamo direttamente al secondo dopoguerra, quando la proprietà passa di mano e viene acquistata da Pierre Grassa – un ex barbiere – e dalla moglie Hélène, che ristrutturano la proprietà e assieme ai quattro figli iniziano la produzione e la commercializzazione di Bas-Armagnac.
Arriviamo infine al 1982, quando inizia la produzione di vini bianchi.

Attualmente il Domaine Tariquet dispone di 900 ettari, dai quali i figli ed i nipoti di Pierre traggono le uve per produrre diverse tipologie di Bas-Armagnac, oltre a dieci vini bianchi e due rosé. La maggior parte dei vini utilizzano come chiusura lo screwcap, mentre per altri si usano tappi in materiale sintetico.

Numerosi i vitigni coltivati, soprattutto a bacca bianca: Chardonnay, Sauvignon blanc, Colombard, Ugni blanc, Gros e Petit Manseng, Chenin, Semillon, mentre per le uve a bacca rossa, utilizzate per i vini rosé, troviamo: Merlot, Cabernet franc, Syrah, Tannat e Marselan.

L’Igp Côtes de Gascogne si sviluppa su circa 13.500 ettari di superficie vitata dalla quale si ricavano, da numerosi vitigni, oltre 1.100.000 ettolitri di vino all’anno, l’85% del quale bianco, l’8% rosé ed il 7% rosso.
Vi si trovano tre distinte tipologie di terroir, il Bas-Armagnac, dove si trovano circa i 2/3 della superficie vitata (qui i suoli leggeri, chiamati “sables fauves” sono particolarmente adatti alla produzione di vini bianchi), il Ténarèze, con suoli calcarei chiamati “peyrusquettes”, conle  argille profonde (“terreforts”) più adatti ai vini rossi, infine l’Haut-Armagnac con suoli di natura argillo-calcarea dove i vini hanno un carattere simile a quelli del Ténarèze.

L’Igp Côtes de Gascogne “Côté” 2019 è frutto di un blend in parti uguali di Chardonnay e Sauvignon blanc, due vitigni dalle caratteristiche opposte che si fondono in questo vino.
La vinificazione avviene in ambiente protetto, in assenza d’ossigeno, le uve vengono pressate a 0,6 Bar e la fermentazione, condotta a bassa temperatura prosegue per circa un mese, l’imbottigliamento avviene infine a lotti da 50 ettolitri per volta. La sua gradazione alcolica è piuttosto bassa (11,5% vol) rispetto a quanto si è soliti ritrovare ultimamente nella stragrande maggioranza dei vini bianchi.

Il vino si presenta con un color giallo paglierino luminoso tendente al dorato. Buona la sua intensità olfattiva, vi si colgono sentori di frutta tropicale, ananas, accenni d’agrumi, pompelmo maturo, leggere note idrocarburiche e affumicate, vi cogliamo anche accenni iodati e ricordi di foglie di sedano e di salvia. Fresco al palato, con buona vena acida, decisamente sapido, vi ritroviamo la frutta tropicale, pesca matura ed albicocca, accenni piccanti che rimandano allo zenzero, scorza d’arancio candita  e note idrocarburiche più pronunciate rispetto al naso, lunga infine la sua persistenza.

 

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