di LUCIANO PIGNATARO
Approfittando della presenza in questi giorni di 5/7 degli Igp in Langa (quorum non ego, ahimè), Luciano parte geologico, poi vira lirico, quindi va dritto a entomologizzare i Barolo Cannubi, e non solo, di un’azienda gloriosa. E chiude filosofico.

 

Cannubi è il cuore delle Langhe, dunque dell’Italia del vino. Una denominazione in etichetta le cui origini risalgono al 1752 e che è orgogliosamente e spudoratamente esposta oggi a caratteri ancora più grandi di Barolo. Non è difficile capire perché quando si guida in questa collina che cuce due realtà geologiche diverse: Elveziano con arenarie di Diano D’Alba ed argilla con contenuto calcareo dei comuni di Monforte, Castiglione Falletto, Serralunga d’Alba e quelli della componente Tortoniana, Marne di Sant’Agata Fossile a La Morra e Verduno. Una collina ben esposta, con forti escursioni termiche, sempre ben ventilata. Una collina considerata la vera radice del Barolo divisa fra 5 delle 166 “Menzioni geografiche aggiuntive” previste dal disciplinare di produzione del Barolo DOCG approvato nel 2009: Cannubi, Cannubi San Lorenzo, Cannubi Valletta, Cannubi Boschis, Cannubi Muscatel.
I Giovani Igp sono usi scorrazzare in lungo e in largo per queste strade ordinate e silenti mentre l’areale esplode nei suoi colori più belli della decadenza autunnale. Ancora a caccia di cantine cercando di fare a meno di navigatori, si sa, i Giovani Igp amano il futuro. Tra le foglie ai bordi delle strade non è difficile trovare qualche carta bollata perché gli interessi economici di questa zona sono così forti da finire spesso e volentieri in tribunale, proprio come è successo di recente per una disputa sui confini della denominazione Cannubi.
Sul crinale della collina c’è l’azienda Fratelli Serio&Battista Borgogno, cinque generazioni al lavoro dal 1897, oggi condotta da Anna e Paola Borgogno, figlie di Serio, con Federica Boffa, quinta generazione, e da Marco Bolla e la figlia Emanuela. Proprio lei ci accoglie con il suo entusiasmo, un sorriso allegro, la consapevolezza di essere parte di una storia importante che proprio per questo richiede impegno e studio, soprattutto in questa fase di passaggio di mano del testimone che alla fine vedrà le due cugine al comando.
L’azienda in totale governa dieci ettari di cui poco meno di tre, precisamente 2,79, sono a ridosso della cantina e costituiscono il cuore della produzione: la Vigna Gourat così chiamata dal nonno, oggi Vigna Grossa, Vigna Battista sul versante Sud, Vigna Nuova. Il segreto del Cannubi dei Fratelli Serio&Battista Borgogno è nella capacità di bilanciare le uve di queste tre vigne a seconda delle annate. Una sapienza che sta nelle mani di chi tocca le uve e di chi assaggia in cantina oltre che nelle analisi chimiche. La magia, appunto, del vino.
In cantina qualche vasca di acciaio, quelle in cemento che ricordano i tempi delle grandi quantità che servivano a sopravvivere quando la Langa era terra di emigranti, e le botti grandi di rovere di Slavonia da 25 e 50 ettolitri dove il vino evolve dopo la fermentazione realizzata in tini di legno in cui si pratica il rimontaggio un paio di volte al giorno.

I NOSTRI ASSAGGI
Dolcetto 2015. Note fresche di ciliegia, beva piacevole e veloce al palato, un rosso da bere a secchi.
Langhe Rosso Seriulin. Una nuova etichetta che assembla dolcetto 2014 e il 10% di nebbiolo 2015. Come il caffè nel latte, questa piccola quantità di nebbiolo conferisce alla beva una struttura diversa, più compatta e probabilmente da attendere.
Nebbiolo 2014. Un rosso dissetante, più fresco del precedente, ma anche più ricco e complesso.
Barolo 2013. Ottenuto dalle uve di Novello, ha un naso un po’ debole ma pulito e preciso, al palato ha una discreta spinta, fine ed elegante al tempo stesso. Di buona prospettiva nei prossimi anni
Barolo Cannubi 2013. Ottenuto dalle uve di Vigna Grossa e Vigna Battista, perfetta la fusione tra il frutto e il legno. L’annata ha ancora bisogno di bottiglia (del resto esce a marzo sul piano commerciale), ma sicuramente regalerà belle soddisfazioni. Grande freschezza al palato.
Barolo Cannubi 2012. Si esprime ovviamente in maniera leggermente più matura, ma è anche più ampio ed equilibrato del precedente.
Barolo Cannubi Riserva 2011. In commercio dal prossimo anno, è un taglio delle tre vigne: ricco di polpa, al naso esprime buona frutta rossa, tabacco, leggermente speziato, menta. Al palato ha una beva imponente ma molto ben sostenuta dall’accidità. La chiusura è pulita e precisa. Bellissimo.
Barolo Cannubi Riserva 2015. Imbottigliato nel 2013, ha avuto una evoluzione pazzesca. Ancora giovanile e pimpante, ma anche molto ben equilibrata con il frutto e il legno perfettamente e armoniosamente fusi. Il palato, come tutti i vini precedenti, è segnato dalla sapidità, dalla freschezza in equilibrio con i tannini setosi e l’alcol. L’allungo finale invoglia alla beva.

CONCLUSIONI
Una bellissima azienda a conduzione familiare. In cui il rispetto per il terreno (no diserbanti chimici) si coniuga con una concezione del vino a torto definita tradizionale perché in realtà è moderna, se la modernità è la difesa della propria tipicità come elemento di valore nell’omologazione e nella banalizzazione dilagante. E, infine, il valore del tempo, l’unico modo per andare di fretta, di evitare di fare dinamismo senza movimento, è quello di aspettare: le persone, la terra, l’uva. Se stessi.

Pubblicato in contemporanea su