di ANDREA PETRINI
Come un’Araba Fenice Emanuele Cozzo prova a riportare agli antichi splendori il ristorante romano guidato prima alla “Rossa” e poi, complice il covid, chiuso l’anno scorso. La squadra e la cucina sono incoraggianti.

 

Gli amori, si sa, spesso sono totalizzanti. Ma a volte, se ci rilassiamo troppo possono anche trascinarti giù mare e travolgerti. Fino a quando non decidi, raccogliendo tutti i pezzi, che è ora ricominciare e risorgere, come l’Araba Fenice.

Questo fino a qualche anno fa questo era era il rapporto tra Emanuele Cozzo e il Bistrot 64, il ristorante che, fino a qualche anno fa, con la stella Michelin presa nel 2016 rappresentava una tra le mete più interessanti della ristorazione romana. Il format era riuscitissimo: univa l’esperienza gourmet e un favorevole rapporto qualità\prezzo.

Un grande successo, ma poi il meccanismo si inceppa. Nel 2020 arriva la perdita della stella e poi, complice il Covid, il locale va incontro al periodo più buio della sua storia, fino alla chiusura nell’aprile del 2023.

Emanuele Cozzo però, che già tre anni prima era uscito dalla proprietà del ristorante, non se l’è sentita di lasciare la sua creatura in balia del destino e ha deciso di farla tornare a splendere chiamando con sé l’ex sous chef Giacomo Zezza e il suo grande amico e braccio destro, Nicola Bacalu, come maître e sommelier.

Oggi ci sono 30 sedute, in uno spazio caratterizzato da legno, marmo e un’architettura essenziale.

Il progetto è ambizioso: oltre alle proposte a la carte, Bistrot 64 prevede due percorsi di degustazione, interpretazioni differenti dello stesso pensiero culinario, che trovano espressione nei due menù Evoluzione (5 portate a 70 euro, con alcuni piatti storici del locale) e Innovazione (8 portate a 95 euro, con nuove ricette) originali.

Sono tornato a trovarli con l’ambizione di provare un po’ tutto, da entrambe i menu.

E così, dopo una carota disidratata, speziata e servita con una maionese di prugna fermentata, ho degustato quanto segue (evito le descrizioni singole per evitare di diventare prolisso): Zuppa di porro con lenticchia nera di Todi, mousse di nocciole e nocciole tostate, Assoluto di Zucca (in forma millefoglie con patata, polvere di cumino, zucca cotta a bassa temperatura e rigenerata alla brace, olio alla salvia, e kombucha di zucca con olio al ginepro), Bottoncino con cavolfiore, Lapsang Souchong e brodo di lievito madre, Risotto mantecato al castelmagno, polvere di finocchietto e ciauscolo di cuore di vitello marinato ed affumicato con tartufo nero fermentato, Fungo criniera di leone servito con latte di rosmarino, polvere prezzemolo, servito con fondo di manzo, Maiale, miso alla cacciatora e cicoria, Topo e il suo formaggio ovvero Cioccolato bianco, arancia e mandorla, Cioccolato bianco, rosmarino, frutti rossi.

Il risultato è stato più che appagante, con tutti i piatti caratterizzati da un uso mirato di tecnica e sperimentazione per fornire il massimo equilibrio, senza la volontà ossessiva di stupire il cliente.

Per quanto riguarda il vino, Nicola Bacalu prevede due pairing: il primo da 5 calici (a 45 euro), il secondo da 7 (a 55 euro). La carta, che ha abbandonato etichette commerciali in favore di piccole cantine, è divertente e con  ricarichi umani. Bonus al maître: è tra i pochissimi a Roma che serve il vino rosso leggermente fresco e non a temperatura ambiente.

Il chiaro obbiettivo del ristorante è quello di riprendersi la stella Michelin e l’impegno e la qualità ci sono tutti.

In bocca al lupo, ragazzi!!

 

Bistrot 64
Via G. Calderini 62/64
00196 Roma

www.bistrot64.it

 

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