Dopo una lunga malattia, ci ha lasciato Fabio Norcini, provocatore sorridente, mente guizzante.

 

Caro Fabio,

quanto tempo è passato da quella volta che mi chiamasti per presentarmi Riccardo Marasco e fargli un’intervista “non allineata”? Allora non essere allineati costava caro e, per molti nemmeno concepibile.

Poi finì tutto, come forse era ovvio, in un  pomeriggio intero di chiacchiere, considerazioni, ragionamenti sui massimi sistemi a tre voci, nulla che potesse essere trasformato in un’intervista, se non rinunciando del tutto all’onestà intellettuale.

Infatti non se ne fece di niente, ma io me lo ricordo ancora, dopo trent’anni buoni.

E quanto tempo (troppo, decisamente troppo) è passato da quando ci siamo persi di vista senza però smarrire la simpatia, la sintonia e, diciamolo dai, la reciproca stima?

Dopo che ti ho ritrovato, ho cercato di seguire la tua malattia con discrezione, alternando, senza invasioni di campo, bazzicandoti on line, motteggiando sotto traccia.

Ho resistito invece – forse sbagliando, lo ammetto – alla tentazione di telefonarti o di venirti a trovare, ma mi sarebbe parso innaturale e inopportuno, dopo tanti anni senza vederci. O forse sarebbe finita in amena caciara (le buone abitudini non si perdono mai), come con Marasco

Eppure…

Eppure ora sono qui a masticare amaro e a sperare di riuscire in qualche modo a darti l’ultimo saluto.

Che mondo agrodolce è questo.

Tu ce l’hai messa tutta. Sei stato un grande esempio di tante cose.

Un abbraccio, Stefano

 

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