Da parte di un nuovo eletto, chiedere suggerimenti agli elettori è cosa avveduta. Ma se gli mancava qualche tessera del mosaico, perchè non ha chiesto prima? Chiedere ora non equivale ad ammettere di non essere del tutto preparati? Ed è ammissibile che un candidato non lo sia? Oppure si tratta dell’ennesima “raccolta” di materiale da usare altrove, ad esempio nelle prossime tenzoni? In generale credo che i giornalisti siano ben disposti a dare una mano. Basta chiederglielo con chiarezza, spiegandone il perchè.

Liquidata, nel modo che conosciamo, la pratica del rinnovo delle cariche all’OdG nazionale e regionale, tanto i singoli eletti quanto i gruppi che li hanno sostenuti lanciano ora benevoli appelli ai colleghi affinché siano prodighi di segnalazioni e di suggerimenti per il consiglio appena insediatosi.
Tutto normale, a prima vista: è una scia di retorica postelettorale. L’immancabile beau geste, a risultato ottenuto, per far credere alla massa di contare ancora qualcosa.
E invece non è mica tanto normale, a pensarci bene.
Ma come: cordate e blocchi presentatisi alle elezioni come i massimi florilegi della coscienza e della consapevolezza professionale presenti sul mercato, onusti di programmi precisissimi e onnicomprensivissimi su qualsiasi problematica inerente il nostro disgraziato mestiere, composti a ventaglio per dare rappresentanza ad ogni più sottile sfumatura del giornalismo, hanno ora bisogno dei suggerimenti dei peones per portare avanti il loro lavoro? Che fine ha fatto la sbandierata onniscienza?
No, qualcosa non quadra.
Primo: è abbastanza incredibile che giornalisti di lungo corso, quali sono tutti i neoconsiglieri, ignorino grane e magagne di certi scivolosi meandri della professione.
Secondo: se di tale loro lacuna erano (come era dovuto che fossero) consapevoli, perché il contributo di idee che chiedono adesso non lo hanno chiesto prima, sia in fase di elaborazione dei programmi che in fase di scelta dei candidati?
Terzo: è abbastanza imbarazzante avere dei vertici che, se non ammettendolo apertamente, fanno capire di aver bisogno di consigli.

Sia chiaro: in generale tutti hanno bisogno di consigli e, viceversa, i consigli sono sempre utili a tutti. Il punto è che la sensazione (non solo mia, ma condivisa da molti) è del fabbisogno di qualcosa di più di semplici suggerimenti. L’impressione è che su certe tematiche acute e dolenti (libera professione, precariato, nuovi media) ci sia proprio un’evidente impreparazione e quindi la (lodevole, sotto certi aspetti) percezione della necessità di colmare la lacuna. Nessuno, del resto, è nato “imparato” e quindi è comprensibile che sia così.

Una cosa sola, però: se si ha bisogno di esperti in certe materie, di colleghi più navigati nei settori critici, o anche di semplici testimonianze, o casi-pilota, o idee dissonanti benché legittime e serie, o relazioni specialistiche su questo o quel tema, si abbia il coraggio di chiederlo. Apertamente e direttamente. Si abbia la modestia di rivolgersi di persona a chi ne sa e di chiedere lumi. Sono certo che non verranno negati e che anzi essi saranno concessi volentieri e senza secondi fini.
E non mi riferisco a me stesso, che pure sono stato oggetto negli ultimi giorni di delicati e meno delicati inviti a “contribuire”, ma a tutti i 5mila giornalisti toscani, spesso portatori di un know how impensabile sulle questioni che stanno a cuore alla categoria.

A meno che – in cauda venenum – questa grande disponibilità ad accogliere suggerimenti non sia invece l’ennesimo mezzuccio dei soliti politicanti per raccogliere idee da spendere nell’incipiente (e non meno maleodorante, rispetto a quella appena conclusa) campagna elettorale per l’Assostampa. Certo, in teoria a tutto dovrebbe esserci un limite. Anche ad un simile opportunismo. Ma siccome conosciamo i nostri polli, qualche dubbio ci rimane. Dissolverlo spetta a loro.
Ai polli, voglio dire. Noi, intanto, attendiamo fiduciosi.