L’esordio di una delle annate più attese del rosso veronese rivela a sorpresa un vino “di transizione”. In compenso sono le cifre di vendita annunciate dal Consorzio a lasciare a bocca aperta. Ma non è tutto oro ciò che luccica: e, probabilmente, dietro alle sembianze di un boom permanente c’è invece una complessa (e opportuna) fase di stabilizzazione.

Inutile nascondersi dietro a un dito: doveva essere il trionfo dell’Amarone 2007, da tutti definito come una (fin troppo ennesima?) annata eccezionale. E invece l’attenzione generale si è concentrata su quel +45% nella “crescita della domanda del 2009” annunciato in conferenza stampa dal presidente del Consorzio Luca Sartori agli sbigottiti giornalisti. Un aumento corrispondente, in valore assoluto, ad un passaggio da 9 a 13 milioni di bottiglie vendute in appena dodici mesi. Il tutto nel clou di una crisi economica planetaria che non accenna a declinare e che proprio quell’anno ha toccato il suo culmine, lasciando tramortito mezzo mondo (produttori di vino inclusi).
Si è aperta così, col botto (qualcuno, ironizzando, ha parlato di “colpo di sole”: e non solo riferendosi al clima che ha reso quell’annata la vendemmia più precoce degli ultimi 70 anni) l’anteprima del nuovo millesimo messo in commercio del celebre vino veronese.
Non c’è dubbio che, andando a scavare dietro alle nude cifre, la realtà si riveli molto più complessa delle apparenze. E che, come è stato osservato, alla sorgente del clamoroso balzo in avanti ci sia più un’emersione della produzione dalle ampie zone grigie legate alle opportunità offerte dalla legge in materia di fascettatura dei vini a doc che non un’effettiva impennata della domanda. Impennata, peraltro, resa nelle sue dimensioni ancora più stupefacente, se messa in relazione al deciso diniego, da parte dei produttori medesimi, di ribassi nei prezzi del vino. “Crescita a prezzi costanti”, è stato il refrain di risposta alle ricorrenti domande sul punto specifico.
Evitando quindi di impelagarsi nella ricerca di perché che potrebbero essere troppi e troppo complessi da spiegare in questa sede, a mo’ di avvertimento diciamo più in generale che, nell’Amarone, i numeri cominciano a diventare un problema. Un problema di quantità dei vigneti (dopo aumenti al ritmo da “200/300 ettari l’anno”, il Consorzio ha finalmente, ma tardivamente, chiesto il blocco triennale di nuovi impianti), un problema di bottiglie prodotte, un problema di uva. E soprattutto di uva destinata all’appassimento, nonostante la proroga consortile del divieto che limita l’accantonamento al 50% della produzione.
Ci pare infatti che portino qui anche le impressioni ricavate dalla degustazione dei vini del 2007. Vini che, come sempre, abbiamo assaggiato rigorosamente alla cieca ed evitando a priori i campioni da botte, tanto per tracciare un discrimine e darsi l’illusione di mettere in bocca prodotti con una qualche bevibilità (ben consapevoli tuttavia che qualche giorno di vetro appare più che altro una foglia di fico).
Delle 66 bottiglie in assaggio ci siamo trovati così a poterne provare 30 (insisto, però: non è normale che, all’appuntamento di “esordio” ufficiale di un’annata, oltre la metà dei campioni sia prelevata dalla botte, sennò dovremmo chiamarlo “anteprima dell’anteprima”) e, proprio per riferirvi un’impressione generale, non condizionata in alcun modo, mi accingo a scrivere queste note senza aver ancora abbinato il numero del vino con il nome del produttore.
Il risultato della giornata è la sensazione di una qualità media, senza grandi picchi e senza grandi cadute, certamente un po’ inferiore alle attese ma soprattutto deludente per il messaggio che, indirettamente, finisce per lanciare: il 2007 offre vini piuttosto pronti, in alcuni casi anche piacevoli o molto piacevoli, con uno stile tuttavia tendenzialmente fin troppo commerciale, un’alcoolicità in molti casi marcata e spiccate note dolciastre, tutti sintomi di un’esagerata indulgenza verso gli appassimenti forzati e l’inseguimento di un mercato legato al consumo più o meno immediato o a breve. Scelta stilistica perfettamente legittima da parte dei produttori, sia chiaro, ai quali è oltretutto difficile – almeno entro certi limiti – rimproverare la volontà di cavalcare il successo e di ottimizzare i ricavi (riducendo pure i costi?) con un Amarone destinato ad essere stappato presto e magari da consumatori non particolarmente evoluti. Ma che conferiscono all’annata 2007 (o almeno alla selezione dei campioni che ho assaggiato: magari la parte migliore è rimasta tra quelli ancora in botte) una non sempre piacevole patina di vino facile, poco profondo, per il quale non sembra facile intravedere lunghe prospettive.
Potrebbe trattarsi, va detto, di un anno di transizione. Commerciale e produttiva. Di un anno di uscita da certe facilonerie e disinvolture (anche in questo è inutile nascondersi dietro a un dito) e di ingresso in una fase di maggiore trasparenza, rigore, coerenza. Di un rientro nel solco della “normalità”, insomma, dopo il lungo inseguimento di un successo rivelatosi tanto lucroso quanto, in certi casi, destabilizzante. Di un anno in cui sono intervenute – mentori il mercato, la crisi, i controlli, le nuove tendenze – anche certe correzioni di rotta che, pur rimettendo i vini sulla giusta strada, hanno tolto loro un po’ della personalità originaria. Chissà…
Prima di entrare nel dettaglio, due note organizzative. Ottima la sala, ottimo il servizio, giusta la location (la fiera è un po’ algida ma per logistica, struttura, ambiente, parcheggio etc è l’ideale), ufficio stampa efficiente, buona atmosfera, clima collaborativo, niente calca (nemmeno al buffet a base di prodotti tipici veronesi: incredibile!), insomma un’organizzazione senza crepe. Tranne una: è abbastanza autolesionistico organizzare la (troppo) lunga conferenza stampa subito prima delle degustazioni. Tra inevitabili ritardi e evitabili sforamenti, le degustazioni sono cominciate con 90 minuti dopo l’ora stabilita e ciò non giova né alla tranquillità né all’umore.
E adesso (in diretta!) giù la maschera: ecco i campioni che ho assaggiato con i relativi punteggi:
Tommasi (14/20), Rubinelli (11/20), Arduini (12/20), San Felice (11/20), Accordini (12/20), Tinazzi (11/20), Zeni (15/20), Roccolo Grassi (13/20), Cesari (13/20), Villa Monteleone (13/20), Zanoni (12/20), Campagnola (14/20), Zecchini (14/20), Gamba (13/20), Corte Campagnola (11/20) Cantina Valpolicella Negrar (13/20), Latium (12/20), Bertani (14/20), Farina (15/20), Fabiano (14/20), Sant’Antonio (14/20), Bolla (14/20), Ca’ Rugate (13/20), Antolini (14/20), Tinazzi Aurum (12/20), Ca’ La Bionda (14/20), Bonazzi e Boscaini (11/20), Cavalchina (13/20), Recchia (12/20), Speri (12/20). Media: 12,8.