E’ morta all’improvviso, nella notte, senza avvisaglie, lasciando sbigottiti, per un malanno che non dà scampo. E l’unica cosa che possiamo fare è ricordarla per ciò che era: solare, febbrile, confusionaria, idealista.

Ci eravamo conosciuti molti anni fa, in un viaggio di lavoro. E non ci eravamo piaciuti. Troppo esuberante (per camuffare le sue fragilità) lei, troppo polemico e rompipalle io. Rapporti prima di cortesia, poi di ostentata indifferenza.
Fu lei a rompere il ghiaccio e a sconfessare quel disagio spigoloso e un po’ surreale. Scoprimmo così di essere parecchio differenti, ma – sorpresa! – di condividere anche una certa scintilla, qualcosa insomma che ci faceva stimare reciprocamente.
Faticavo a sopportare quello che bonariamente definivo il suo paraocchi ideologico e che, invece, per lei rappresentava una linfa, una sorta di nutrimento quotidiano e indispensabile. Alluvionava me e tutti gli amici, su FB, con i suoi post inneggianti al “paradiso” cubano. Glielo lasciavo fare, sorridendoci su.
Come tanti, aveva subito il contraccolpo della crisi della professione giornalistica. Per anni si era scervellata cercando di trovare una soluzione al problema dei freelance, della mancanza di tutele legali e sindacali, incontrando sempre il muro di gomma di un sindacato peloso, inadeguato, ipocrita e bugiardo. Ma ovviamente, idealista com’era, non si era data per vinta e aveva continuato a combattere contro i mulini a vento, a difesa dei principi fondamentali. Si era impegnata a fondo: Senza Bavaglio, l’USGF, la protesta creativa. Sempre in prima fila. Anche dalla natia Borgotaro, dove da un po’ si era ritirata per sfuggire all’asfissia professionale milanese.
Poi, stamattina, leggo su Facebook strani messaggi. Un paio di telefonate: aneurisma cerebrale.
Puff: in un attimo addio Cuba, addio freelance, addio alle nostre discussioni ironiche, addio alle mie polemiche e alle sue risposte sempre intrise di poco pragmatismo e troppo idealismo.
Aveva appena 55 anni. Pochi per morire.
Vale atque vale.