Un progetto di legge bipartisan “per la tutela e la valorizzazione delle strade bianche”, presentato giorni fa, ruota attorno alle esigenze del turismo e del suo indotto, ma ignora quelle di chi sugli sterrati vive e lavora tutto l’anno, accollandosi mille disagi senza avere nulla in cambio. Anzi…

Se non fosse l’ennesimo anello di una lunga catena dallo sgradevole sapore demagogico e, almeno ai miei occhi di “utente”, anche vagamente provocatorio per le sue nemmeno troppo sottintese velleità promo-commerciali, si potrebbe pure pensare, vista la stagione, a un colpo di sole. Invece perfino l’espressione abbaglio appare riduttiva al cospetto di quest’uscita agostana dell’onorevole, nonché ex assessore toscano all’agricoltura, Susanna Cenni e del suo compagno di partito Simone Bezzini, presidente della provincia di Siena.
Sebbene animati dalle migliori intenzioni, sia chiaro.
E’ successo che, giorni fa, i due abbiano convocato una conferenza stampa a Montecitorio per illustrare ai giornalisti una proposta di legge della stessa Cenni, la n. 4444 “Disposizioni per la tutela e la valorizzazione delle strade bianche” (qui). Sottoscritta da una sessantina di parlamentari di ogni partito, a dimostrazione che gli svarioni non hanno colore politico.
Che cosa ho, vi chiederete, contro le strade bianche? Nulla, è ovvio. Anzi, ne sono uno strenuo difensore (non a caso vivo per scelta lungo una di queste, tra le più famose direi, quella nelle campagne senesi dove si corre la famosa gara ciclistica “Eroica”, qui, e quindi me ne intendo).
Cosa ho contro la proposta di legge, allora? Ancora una volta, nulla.
Se ci si limita al titolo. Come si potrebbe, del resto, essere contro la tutela e la valorizzazione delle magnifiche strade bianche che solcano le nostre campagne?
Sono invece i modi proposti per questa tutela e soprattutto l’idea estetico-mercantile che ne è alla base che mi trovano in totale e un po’ irritato dissenso. Un dissenso allarmato, considerato che il progetto di legge viene da persone che il territorio, i contesti rurali e l’agricoltura, con i loro giganteschi problemi di sopravvivenza, dovrebbero conoscerli bene.
Il preambolo è come sempre molto giudizioso. Le strade bianche – si dice in sintesi – sono un patrimonio storico unico, testimonianza del rapporto secolare e della “coesistenza sostenibile” (sostenibile? Mah: prima dell’asfalto le strade si potevano fare solo sterrate, alla sostenibilità veramente non ci pensava nessuno…ndr1) fra civiltà e natura, sono spesso l’unica via di accesso alle aziende agricole (vero, ma non mi pare una cosa di cui vantarsi visto che quasi sempre ciò costituisce per le stesse un handicap, ndr2) e costituiscono una ricchezza “ambientale” (ambientale?) nella quale l’attività umana si è inserita (inserita? Veramente le strade le hanno costruite gli uomini, ndr3) con equilibrio. Vabbè…
La proposta di legge prevede invece un censimento e un protocollo di interventi per la ristrutturazione, la manutenzione e la salvaguardia di questi “tracciati naturali” (naturali? Boh: che c’è di più artificiale di una strada, bianca o nera che sia? Ndr4). Il censimento, coordinato dai Ministeri di Ambiente e Infrastrutture in collaborazione con enti locali e associazioni territoriali, dovrà registrare i tratti e i manufatti storici presenti (tabernacoli, cappelle, pievi, etc), dando vita così a un elenco regionale.
Lavoro di catalogazione che la Provincia di Siena ha già svolto, puntando alla realizzazione di un catasto delle strade bianche e alla proposta di un protocollo per la tutela, conservazione e valorizzazione del tracciato dell’Eroica, “manifestazione – dice Bezzini – che ha un fascino d’altri tempi e che attrae ogni anno molti partecipanti da ogni parte dell’Italia e del mondo. Un valore aggiunto per il nostro territorio: intendiamo sostenerli quale volano importante per incentivare l’attrattiva turistica della provincia”.
E qui, ahiahi, casca l’asino numero uno: il primo (l’unico?) pensiero, la funzione per la quale la legge appare pensata è attrarre e blandire i turisti con il loro indotto economico, non trattenere i residenti.
Il secondo asino cade subito dopo. “Sarà importante – aggiunge la Cenni – prevedere alcune modifiche al codice della strada introducendo nuove segnaletiche e conseguenti limiti di velocità per salvaguardare la possibile presenza di flussi turistici alternativi, pedonali, in bicicletta o a cavallo, oltre a regolare la presenza dei fuoristrada, che sono stati fino a oggi fruitori privilegiati se non unici, di molti tratti e, spesso anche i principali corresponsabili, a causa anche di stili di guida non opportuni, del peggioramento del dissesto di manti stradali non asfaltati”.
Traduzione: i gitanti devono potersi godere l’ebbrezza dell’illusione di vivere in santa pace un’avventura tra i buoni selvaggi delle strade bianche, senza essere disturbati nè da quei fracassoni degli agricoltori sui loro trattori, né da quei seccatori dei residenti che, in casa loro, hanno la pretesa di potersi spostare continuamente, sollevando polveroni che offuscano il paesaggio.
Insomma c’è uno sconcertante capovolgimento della verità: secondo l’onorevole, infatti, sono i fuoristrada dei residenti a rovinare gli sterrati e non la carreggiata dissestata e trascurata dalle pubbliche amministrazioni a costringere i residenti a usare il fuoristrada. Surreale.
Ma la cosa peggiore, che dimostra la totale perdita di vista del mondo vero, è il fatto che il progetto di legge non fa una parola né dei problemi, né delle esigenze, né dei benefici che dalla tutela delle strade bianche possono derivare ai cittadini che lungo quelle strade, appunto, vivono e ci lavorano. Non una parola dei disagi che subiscono, dei danni che soffrono, della cronica mancanza di servizi e infrastrutture (dove abito io, lato strada comunale e a 3 km in linea d’aria dal capoluogo, non ci sono né l’acquedotto né il servizio di nettezza urbana). Non un’espressione su eventuali incentivi, qualcosa che i residenti – i quali, sia chiaro, con la loro presenza e la loro attività non solo contribuiscono, ma direi sono gli unici artefici e custodi del paesaggio cartolinesco di cui tanto si parla e che tanto “attira” i soliti evocatissimi turisti – potrebbero ricevere in cambio del “congelamento” statico ed estetico delle strade di campagna. Unico accenno è per le strade e i manufatti di proprietà privata, per cui sono previsti, bontà loro!, “incentivi fiscali e misure di sostegno economico, per incentivarne la riqualificazione e la manutenzione, che non possono ricadere esclusivamente a carico delle aziende agricole territoriali”. Cioè: ricadono comunque, ma non esclusivamente. Evviva!
Zero accenni anche a un altro cronico problema: quello della gestione e delle responsabilità civili e penali derivanti dall’uso turistico di strade non pubbliche, come le vicinali. Strade che prevedono oneri e responsabilità per i soli frontisti. Della serie: per far fare bella figura alla comunità, sono obbligato a far passare il gitante in bici sulla mia strada, ma se lui si spacca la testa per una buca sulla carreggiata poi nei guai ci finisco io.
Insomma, la materia è spinosissima, irta di questioni delicate e irrisolte, piena di risvolti sociali e di importanti valenze economiche. Ma l’unico punto che sta a cuore a politici e amministratori è mettere a reddito – attraverso provvedimenti vincolistici e non migliorativi della qualità della vita dei residenti – strade, paesaggi, contesti il cui mantenimento e la cui responsabilità sono, beffardamente, affidati proprio a coloro che, per il fatto di vivere sulle strade bianche, ne subiscono i disagi più gravi.
Sarebbe bello se su questo si aprisse, tra politici, amministratori, agricoltori e gente comune un dibattito serio e approfondito, secondo me utilissimo per una reale e profonda comprensione dei problemi e degli interessi in gioco. Prendetelo come un appello.
Nell’attesa fermate il mondo, anzi lo sterrato: voglio scendere!