Lì per lì, tutta nera con scritte in bianco e una grafica forestiera, mi era sembrata la lattina abbandonata di un lubrificante per motori. Poi una scatola marcia di fiocchi d’avena. Che schifo, mi sono detto.
Solo dopo un po’, spostandolo con la punta della scarpa e guardando meglio, con grande meraviglia mi sono accorto che era un libro: “Gone girl”, di Gillian Flynn. In inglese.
Ma che ci faceva un libro fradicio d’umidità in mezzo a un oliveto in aperta campagna?
E’ vero che i passanti e i turisti buttano di tutto. Ma un libro…
Incuriosito, lo raccolgo. Molte pagine sono appiccicate tra loro, qualcosa però si legge.
“Ogni storia ha due facce. Chi sei tu? Che ci siamo fatti l’un l’altra?”, racconta la quarta di copertina. “Queste sono le domande che Nick Dunn si pone la mattina del suo quinto anniversario di nozze, quando sua moglie Amy improvvisamente scompare. La polizia sospetta di lui. Le amiche gli confessano che lei lo tradiva e conosceva molti dei suoi segreti. Lui stenta a crederci. Gli investigatori trovano sul suo computer le tracce di strane ricerche che Nick giura di non aver mai fatto. E sul suo cellulare arrivano insistenti chiamate. Ma che è successo alla sua bella moglie?”. Questo è il tipo di romanzo che pregherai gli altri di leggere giusto per poterne discutere con loro, rassicura poi uno strillo in calce. Edizioni Phoenix, 2012. Prezzo: 8,99 sterline.
Mi guardo intorno. Nessuno in giro, ovviamente. E l’oggetto dev’essere lì già da qualche giorno.
Siamo sotto un greppo a dieci metri da una tortuosa strada sterrata. Un luogo defilato. Nessun ciglio su cui sedersi a frescheggiare, o a guardare il panorama e neppure a fare la pipì. Se uno passa a piedi, insomma, non è il punto dove uno abbandona un libro. E, se lo abbandona, che bisogno avrebbe poi di scagliarlo lontano, nella radura coltivata? Se uno passa in bici, siamo in curva e il fondo è sconnesso, il movimento di lancio potrebbe far perdere l’equilibrio: escluso quindi che il proprietario fosse un ciclista. Uno in moto? Vale il discorso appena fatto, con pericolo triplo. E anche un eventuale passeggero lì si regge stretto al guidatore, certamente non lo molla per tirare lontano un volume piuttosto ingombrante. Qualcuno da un’auto? Forse, ma arrivare con l’oggetto così lontano, da un’auto in movimento, attraverso il finestrino, è tutt’altro che facile. Si passa dunque alle ipotesi surreali, tipo il trattorista che, lavorando il terreno legge (in inglese!), trova il libro noioso e lo butta tra gli olivi, magari sperando di passarci sopra coi cingoli.
Guardo di nuovo il tomo, perplesso. Odora intensamente di carta bagnata e di terra. E’ impregnato e pesante. Lo sfoglio un po’, leggo qualche riga. Aprendolo, l’odore di umidità aumenta. Ha quattrocentosettanta pagine. Un discreto mattone, rimugino. Mi colpisce un passo in cui qualcuno si chiede: “Chi comprerà mai del pesce rubato?”. Per un attimo mi soffermo sulla figura, in effetti per me inedita, del ladro di pesce. Provo a violare il finale, ma i fogli sono incollati d’acqua e terriccio.
Il mistero rimane. E rimane la domanda di fondo: perchè uno decide di disfarsi di un libro gettandolo in un campo in mezzo alla campagna profonda?
Ho pulito la copertina alla bell’e meglio e ho appoggiato in piedi il libro a un tronco di quercia, sul bordo dello sterro. Chiunque passi, lo noterà. Poi ho ripreso la passeggiata.
Tu chiamalo bookcrossing rurale. O booksharing digitale.

 

Ps: scritto il post, indago su Gillian Flynn. Scopro che è una scrittrice e sceneggiatrice americana abbastanza famosa. Scopro anche che “Gone girl” è anche il titolo di un film del 2014 sceneggiato da lei e uscito in Italia col titolo di “Amore bugiardo”. Che il lettore si sia liberato del libro dopo aver visto la pellicola?