di CARLO MACCHI
Feldmarschall von Fenner 2012: il Macchi invade il campo con uno dei miei vini preferiti (e la mia squadra del cuore), ma come dargli torto? Questo non è un Müller Thurgau, è un vino unico da un vigneto unico a oltre 1000 metri di quota.
Bastano mille metri per fare e continuare a fare la differenza.
Il Feldmarschall è un vino con ha una storia particolare che, va raccontata: la vigna si trova a oltre quota mille e il primo vigneto venne fatto nel 1972 dal padre dell’attuale proprietario, Christof Tiefenbrunner. Il primo imbottigliamento fu nel 1974. Stiamo quindi parlando di un’idea di vino che allora, vista l’altezza del vigneto, non era rivoluzionaria, era vicino alla follia.
Follia che oramai è divenuta solida realtà e che mi ha spinto a passare una mattinata molto educativa con Christof Tiefenbrunner, dove non solo ho potuto godere di questo 2012 (e del 2015 e del 2020 e di altri vini che meriterebbero ognuno un articolo) ma ho imparato molte altre cose che voglio condividere con voi.
Oramai anche i sassi conoscono la mia strampalata convinzione che i produttori (quelli che il vino lo fanno davvero) assomigliano ai loro vini e viceversa: nell’eleganza e la compostezza di Christof ritrovo tanti caratteri dei suoi vini, dove non si privilegia certo la potenza ma l’equilibrio e finezza. Nelle sue parole misurate e ben scelte, trovo la precisione enologica di ogni suo vino. Nella conoscenza e competenza estrema e nella passione che riesce benissimo a mascherare ritrovo l’anima profondi di tanti suoi vini, “perfetti ma con anima”.
Da interista molte volte nella vita mi è risuonata in testa una frase di Mourinho che, quando ci portò in cima al mondo, disse: “A certi livelli la differenza la fanno i particolari”. Mi è tornata in mente anche da Tiefenbrunner, quando abbiamo parlato di solforosa e Christof mi ha spiegato le prove che stanno facendo in cantina, diminuendo la solforosa e controllando il successivo invecchiamento dei vini. Le varie prove partono da 40 mg/l di libera fino a 30 mg/l e le parole di Christof sono state molto chiare. “I vini con meno solforosa libera (ferma restando la bontà di tutti i passaggi enologici precedenti, n.d.r.), diciamo quelli attorno a 32-33 mg/l, non solo sono risultati più aperti subito, ma maturano e invecchiano in maniera diversa, sicuramente migliore.” Quindi diminuire la solforosa non serve solo come gesto salutistico ma risulta anche un vantaggio per un buon vino.
Sugli zuccheri residui il discorso è stato altrettanto importante e chiaro. Molto spesso si sente dire da un produttore che il suo vino avrà “2 o 3 grammi di zucchero residuo”, che in qualche caso è un modo per dire che è praticamente secco. Da Tiefenbrunner dire “2 o 3 grammi” è quasi una bestemmia perché, anche a quei livelli di zucchero (che possono essere definiti come vini che non hanno zuccheri residui) il decimo di grammo in più o in meno cambia la struttura del vino, rendendolo più o meno aperto, profondo, equilibrato, elegante. Quindi quando d’ora in poi sentirò un produttore che spara grammi di zucchero come noccioline saprò (e saprete) che non ha un reale controllo sui suoi vini e sulla sua cantina o che semplicemente reputa, sbagliando, che sotto certi livelli non sia importante avere un quadro chiaro.
Ma torniamo alla storia del Feldmarschall e del vitigno da cui nasce: nell’inverno 1980/81 il gelo fece seccare tutte le viti e quindi si riparti quasi da zero. Nel 1987 il vigneto venne ampliato ma non fu l’ultima volta, tanto che oramai la vigna è stata praticamente rifatta tre 3 volte e le ultime parcelle hanno un impianto a 0,60×0,80 con una media di produzione di 300/350 grammi a pianta.
Da un po’ di tempo avevo un dubbio latente sul Feldmarschall, perché negli ultimi anni era diventato più chiuso, meno aromatico e seduttivo al naso, meno rispondente ai canoni e ai caratteriali del vitigno.
Non per niente questo 2012, assaggiato alla sua uscita circa 10 anni fa non mi aveva fatto impazzire ma adesso mi ha lasciato a bocca aperta: idrocarburo netto accanto a note di pesca e albicocca mature, poi miele. Bocca sapida e austera, ma nello stesso tempo rotonda e di infinita lunghezza. Alla base di questo bellissimo sorso ci sta l’acidità, non per niente siamo attorno a 7 g/l . Inoltre questo 2012 ha una piccola parte di uva botritizzata che porta a sensazioni particolari. Questo vino esce da canoni di semplicità e freschezza che ha il vitigno in Alto Adige e in Trentino per ricercare una complessità futura che si basa su concentrazione ma anche acidità molto alta. Per far quadrare tutto questo bendiddio ci vuole tempo e infatti oggi il vino entra in commercio a quasi a tre anni dalla vendemmia.
Insomma, alla fine dell’assaggio ho capito che il Feldmarschall non è un Müller Thurgau, è il Feldmarschall, un vino unico da un vigneto unico.
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