Ferraris “Opera Prima” Ruchè di Castagnole Monferrato DOCG 2010: un vino da una lunga storia e con qualche mistero alle spalle, ma in forma smagliante.

 

Ho la possibilità di bere tanti vini e ogni volta è sempre difficilissimo scegliere quale inserire su questa rubrica.

Stavolta, però, ho avuto nessun dubbio, sia perchè il Ruchè trova sempre poco spazio nelle carte di wine bar e ristoranti (almeno a Roma e dintorni), sia perché non mi sarei mai aspettato di trovarne uno di oltre 10 anni in una forma ancora così smagliante.

La colpa, per così dire, è di Luca Ferraris, un vignaiolo del Monferrato a guida dell’azienda di famiglia costruita nel nome della sua grande passione per il Ruchè. Oggi l’azienda si estende per 34 ettari di vigneti di proprietà, il cui nucleo originario nasce nel comune di Castagnole Monferrato per poi ampliarsi con altre tre importanti acquisizioni: Vigna del Parroco, Cà Mongròss a Montegrosso d’Asti e Tenuta Santa Chiara a Monastero Bormida.

Opera Prima nasce da un vigneto a corpo unico chiamato Bricco della Gioia. Situato nel versante sud della dorsale collinare che da Castagnole corre verso Asti, è tra i maggiori dell’intera area di produzione e si caratterizza per un terreno sciolto, ricco di calcare e molto povero, così da non portare troppo vigore alle piante di Ruchè.

Storicamente, il primo a credere nelle potenzialità di questa uva fu un parroco di campagna. Il suo nome è, a ragion veduta, entrato nella storia: Don Giacomo Cauda.

Classe 1927, arriva a Castagnole Monferrato come parroco nel 1964. All’epoca non conosceva il Ruchè ma venne subito colpito da quell’uva dal sapore gradevole e raffinato, tanto che prova a vinificarla in purezza ed il suo primo esperimento produce ben 28 bottiglioni! Comincia così la sua lunga avventura di prete vignaiolo che regalerà al territorio fama e fortuna, tanto che il Ruchè otterrà nel 1987 la DOC. Nel 1993, ormai anziano, cede la proprietà del vigneto ad un suo parrocchiano: Francesco Borgognone, che accompagna il Ruchè ad ottenere, nel 2010, la DOCG. Nel 2016 Borgognone, divenuto anch’egli anziano, vende la vigna, oggi unico cru del Ruchè riconosciuto dal Ministero dell’Agricoltura, a Luca Ferraris. E così il cerchio si chiude.

Se nota è la paternità resta invece avvolta dal mistero l’origine, come quella del nome. Alcuni ipotizzano una genesi dovuta alla vicinanza dei vigneti ad un convento benedettino dedicato a San Rocco, oggi scomparso, che si doveva trovare nei pressi di Portacomaro o Castagnole Monferrato. Altra ipotesi vede l’arrivo del vitigno  durante il XII secolo, importato da monaci cistercensi provenienti dalla Borgogna, anche se pare essere smentita da uno studio del 2016 sul DNA del Ruchè, che lo apparenta invece strettamente a due vitigni tipici del nord Italia, la Croatina e la Malvasia aromatica di Parma.

Tornando al vino in questione, l’annata 2010, si caratterizzò per un buon equilibrio generale, senza i picchi di caldo che contrassegnano questi ultimi anni.

Progettato per essere una sintesi tra struttura e piacevolezza, ha ancora un colore ancora rosso rubino, intenso e, nonostante un grado alcolico attorno ai 15 gradi, rende un quadro olfattivo di personalità, senza risentire rigore di eccessi barocchi. In naso è anzi finemente speziato di bacche e liquirizia, alloro, erbe medicinali. Poi si arricchisce di sensazioni floreali di viole appassite e infine more, confetture e ciliegie. Anche la bocca eccelle: in precisione, equilibrio, armonia e sapore, con fusione tannica e lunghezza di gran valore.

Nota tecnica: la fermentazione avviene in rotofermentatori in acciaio a temperatura controllata per 20-25 giorni, successivamente rimane a contatto con le bucce per altri 20-25 gg secondo la tecnica del “cappello sommerso”. Invecchiamento: 36 mesi in tonneaux di rovere francese da 500 più altri 12 mesi di bottiglia.

 

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