di ANDREA PETRINI
Chianti Classico Riserva 1999 Nittardi: era partito male, stanco e timido, poi col tempo il brutto anatroccolo si è trasformato in un cigno-modello.

 

Conosco Leon Femfert da almeno 10 anni. Ricordo benissimo quando, al termine di una stradina che pensavo non finisse mai, mi ritrovai all’improvviso da Nittardi, l’azienda che dal 2013, dopo aver lavorato tra la Napa Valley e il Cile, Leon ha cominciato a gestire affiancandosi ai genitori, Peter e Stefania, apprezzati galleristi in Germania.

In quel periodo Nittardi non era ancora all’apice della popolarità tra gli amanti del Chianti Classico.

Allora ciò che mi spinse fino lì fu la curiosità di approfondire lo storico legame tra l’azienda e l’arte: non a caso nel ‘500 la tenuta fu proprietà̀ di Michelangelo, il quale si faceva inviare il vino a Roma per offrirlo a Papa Paolo III.

Dal 1981, invece, un artista contemporaneo viene invitato a vivere per un po’ di tempo la raltà di Nittardi e a creare due opere, una per la carta seta che impreziosirà ogni bottiglia dell’annata e una per l’etichetta. Tra i tanti i pittori, musicisti e scrittori coinvolti in questo progetto spiccano nomi illustri come Hundertwasser, Yoko Ono, Günter Grass, Igor Mitoraj, Dario Fo, Mimmo Paladino, Fabrizio Plessi. La 2021 è stata firmata dal regista e scrittore Premio Oscar James Ivory, che ha vestito il Casanova di Nittardi con l’arte del collage.

Questo Chianti Classico Riserva 1999 ho avuto la fortuna di degustarlo tempo fa a Roma durante un pranzo con lo stesso Leon Femfert, sempre più coinvolto in un’azienda che oggi può contare su 40 ettari vitati, dal 2014 condotti in biologico, tra Castellina in Chianti e la Maremma.

Il vino, Sangiovese al 90% con saldo di Merlot, era partito male, sembrava stanco e lento al punto di indurci a cambiare perfino bottiglia. Anche la seconda pareva però timida e impacciata in confronto alla 2010 degustata pochi minuti prima.

Poi, pian piano, il brutto anatroccolo si trasforma in cigno, le piume grigiastre diventano candide come il latte. I sentori aromatici di questa Riserva, inizialmente chiusi e poco interessanti, mutano col tempo esplodendo in sensazioni di viola, rosa, arancia sanguinella, resine balsamiche e macchia marina.

Non giocato sulla potenza, ma sussurrato anche in bocca, dove entra in punta di piedi accarezzando il palato con un tannino misurato e giusta freschezza. Senza essere un campione in persistenza, si fa emblema di equilibrio ed armonia: sarebbe da degustare durante i corsi da sommelier per far capire come dev’essere per coerenza un ottimo Chianti Classico dopo quasi 15 anni e una grande annata.

 

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