Come prevedibile, dopo il battibecco tra Fieg e Fnsi a proposito di “giusto compenso” del lavoro autonomo giornalistico e dei dubbi di costituzionalità sul relativo progetto di legge, il dibattito si infiamma. Entra a piedi uniti il presidente dell’Odg, Jacopino. E ne ha per tutti, Fnsi compresa. Ma neppure lui risponde a una domanda fondamentale.

Era questione di ore. E puntualmente – dopo l’uscita un po’ forte (qui) del presidente della Federazione degli Editori, Carlo Malinconico, che ha avanzato dubbi di costituzionalità sulla bozza di legge presentata in Parlamento dall’on. Moffa a proposito del “giusto compenso” dei giornalisti, laddove questa prevedesse di normare anche il lavoro autonomo, che secondo la Fieg andrebbe lasciato invece al libero accordo tra le parti – la discesa in campo dell’Ordine dei Giornalisti c’è stata. Per bocca del suo presidente, Enzo Jacopino. Il quale, a onor del vero, si è fin dal momento della sua elezione subito fatto carico di questo punto dolente della professione, promuovendo un’indagine per scoprire “quanto poco” i giornali pagassero i collaboratori. Oddio, non è che ci volesse un’indagine per scoprirlo, visto che se ne parla da anni. Ma lasciamo perdere.
“Incostituzionale è la schiavitù alla quale troppi editori, nel silenzio vergognoso della Fieg, condannano migliaia di giornalisti”, tuona Jacopino. “Non lo è certamente la legge sull’equo compenso che impedirà di rubare i sogni ai giovani e quote di verità ai cittadini. Il presidente della Fieg coltivi pure l’illusione di poter continuare a “gambizzare” con le sue elemosine migliaia di giornalisti che da anni consente vengano retribuiti con compensi da fame da editori nei confronti dei quali non ha mai trovato il tempo di esprimere, benché richiesto, una parola di censura. Carlo Malinconico afferma che Fieg e Fnsi hanno “convenuto sull’opportunità di non individuare minimi di compenso per le collaborazioni giornalistiche, dovendo le parti determinare i relativi corrispettivi in relazione ai criteri di massima quantità e della qualità della collaborazione. Viene seccamente smentito dal segretario della Fnsi, Franco Siddi, il quale auspica che “si sia trattato di un grave equivoco o di un incidente dialettico”. Le affermazioni di Malinconico sono però – continua – contenute in una memoria scritta, depositata presso la commissione Cultura della Camera. Non c’è equivoco né incidente dialettico, solo la straordinaria sintonia tra il presidente della Fieg e quanto affermano alcuni dirigenti della Fnsi che stanno tentando di ostacolare il percorso unitario che gli organismi della categoria hanno intrapreso con un impegno costante del segretario e del presidente della Fnsi, Siddi e Roberto Natale, su impulso del gruppo di lavoro sul precariato creato dall’Ordine e coordinato da Fabrizio Morviducci che sta organizzando una manifestazione nazionale a Firenze per il 7 e 8 ottobre”.
Ed eccoci all’acqua. Cioè alla vera ragione degli “equivoci”: gli scontri tra le correnti interne della Federazione che, forse timorose di farsi scippare da Ordine e Parlamento la soluzione di una questione che in vent’anni il sindacato non ha saputo nè voluto risolvere, ora tenterebbero il “sabotaggio” delle operazioni. Quelle che, il 7 e 8 ottobre prossimi, dovrebbero portare all’adozione, da parte di tutti i giornalisti italiani, della cosiddetta “Carta di Firenze“, per la quale sono in corso febbrili lavori preparatorii (a cui è stato chiesto anche un mio modestissimo contributo).
Un’ipotesi, se non vera, senza dubbio verosimile. Ma andiamo avanti.
“l problema dello sfruttamento del lavoro di migliaia di giornalisti prima che essere sindacale è morale e non può, anche per questo, essere affrontato con un ruolo paritario da editori che arrivano a retribuire con 50 centesimi lordi ogni articolo o a stabilire tetti mensili di 200 euro per le collaborazioni, costringendo di fatto i giovani a continuare a scrivere gratuitamente per non pregiudicare il rapporto con le testate. Gli “invisibili”, i “gambizzati” d’ogni latitudine, quelli che si vedono rubare i sogni nel disinvolto silenzio della Fieg, sono migliaia. Almeno l’80 per cento di loro non è iscritto al sindacato (tra l’altro perché non può permetterselo). Carlo Malinconico non affronterà questo problema con una commissione composta solo da chi, come la Fieg, rivendicherebbe la rappresentanza dei ladri dei sogni e da chi, la Fnsi, non può parlare a nome di tutte le vittime. Il Parlamento non si farà espropriare il diritto di stabilire con una legge dall’alto contenuto morale regole minime di civiltà troppo a lungo mortificate dalla violenza di troppi editori e dai silenzi della Fieg”.
Boom.
Non c’è dubbio, il salto di qualità è notevole e l’implicita portata della rivoluzione, nei rapporti OdG-sindacato, potenzialmente copernicana. Per la prima volta, sebbene indirettamente, l’Ordine prende in pugno la situazione e sottolinea ciò che è palese e tutti sanno: l’Fnsi non ha la rappresentanza nè il potere contrattuale per affrontare il problema del lavoro autonomo. Il quale può essere risolto solo da un asse Parlamento-Ordine, con l’avallo della “parte buona” dell’Fnsi.
Musica, per le mie sebbene ormai quasi sorde orecchie di freelance che da decenni parla nel deserto.
Una sola cosa stona, però, nelle parole di Jacopino. Quel suo frequente ricorrere all’immagine retorica e un po’ stucchevole dei “ladri di sogni” (il lavoro è ahinoi una cosa materiale, su cui è saggio sognare poco). E il fatto che nemmeno a lui venga da chiedersi chi glielo faccia fare, agli sfruttati da due euro a pezzo, di vendersi per così poco. Lo schiavo vero è un prigioniero, non ha libertà di scelta. Ma il giornalista no. Anzi, è paradossalmente tanto più “affrancato” dalla propria teorica schiavitù verso gli editori quando più il compenso che gli viene offerto è basso. Tanto basso da essere simbolico e da trasformare la loro attività in volontariato. Eppure, a migliaia, accettano.
La domanda, allora, è: ma il masochismo è costituzionale?