Il nodo del “giusto compenso” dei giornalisti tiene banco, dopo la proposta di legge dell’on. Moffa. Dalla quale, però, secondo il presidente degli editori, Malinconico, andrebbero stralciati gli autonomi, il cui corrispettivo va lasciato alla “libera contrattazione”. E poichè l’Fnsi non ha nè la forza nè la rappresentanza per essere “parte”…

Se proponete alla colf filippina di pulirvi casa per due euro a stanza, lei vi manda a quel paese. Se chiedete all’idraulico di ripararvi il rubinetto per due euro, lui vi manda a quel paese. Se chiedete all’ortopedico di visitarvi per due euro a seduta, lui vi manda a quel paese. Se chiedete all’avvocato di consigliarvi per due euro ad appuntamento, lui vi manda a quel paese. E mi pare normale.
Se invece un editore, o un direttore di giornale, o un redattore offrono non solo a degli aspiranti giornalisti, ma anche a giornalisti già iscritti all’albo, di scrivere articoli a due euro l’uno, questi, invece di mandarli a quel paese, non solo accettano, ma spesso c’è la coda per accettare. Naturalmente poi si lamentano (vorrei pur vedere) di questi compensi ridicoli, ma intanto accettano. E spesso non una tantum, bensì per periodi lunghi. A volte per anni.
Ora io chiedo: tutto ciò è normale? O, viceversa, cosa è anormale: un committente che offre il minimo possibile e spera di sfangarla o un commissionario che è disposto ad accettare di tutto, anche a lavorare in evidente perdita? Insomma, c’è un inconcepibile masochismo.
La questione si pone ogni volta che si discute di lavoro autonomo giornalistico.
L’ultima è di ieri. A fronte della proposta di legge presentata alla Camera dall’on. Silvano Moffa sul “giusto compenso” del lavoro giornalistico, il presidente della Fieg Carlo Malinconico osserva che essa presenta “sostanziali profili di incostituzionalità“, perché non potrebbe fare riferimento ”anche al lavoro autonomo” e quindi “sottrarre all’autonoma determinazione delle parti individuali l’ammontare compenso”.
“La proposta si fonda – secondo Malinconico – sull’errato presupposto che i principi sanciti dall’art. 36 della Costituzione (diritto per il lavoratore ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro) trovino applicazione anche ai rapporti di lavoro autonomo. La retribuzione attiene invece esclusivamente all’instaurazione e allo svolgimento di un rapporto di lavoro subordinato che si sostanzia nell’assoggettamento del prestatore al potere gerarchico, organizzativo e direttivo del datore di lavoro con conseguente inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale e limitazione della sua autonomia. Diversamente – precisa Malinconico – il compenso costituisce una forma di corrispettivo che il committente corrisponde a fronte di un’attività resa in regime di libera collaborazione professionale e che si esplica in un’attività di risultato di cui è esclusivamente responsabile il lavoratore autonomo. Pertanto – conclude – Fieg e Fnsi hanno convenuto sull’opportunità di non individuare minimi di compenso per le collaborazioni giornalistiche, dovendo le parti individuali determinare i relativi compensi”.
Qui casca l’asino: come sarebbe a dire che Fieg e Fnsi “hanno convenuto di NON individuare minimi compensi” per i collaboratori? Cioè: il sindacato “unico” dei giornalisti, che quindi si autoproclama anche “mio” sindacato, ha deciso per l’ennesima volta di scaricarmi? Non è possibile. E infatti arriva presto una piccata replica del segretario dell’Fnsi, Franco Siddi: “Fieg e Fnsi hanno riconosciuto l’esigenza di costituire una commissione bilaterale per fare un vero e proprio check in (check “in“?!?, ndr) del fenomeno al fine di adottare le più idonee misure per fare chiarezza e giustizia (almeno per quanto riguarda il sindacato) in maniera nitida e rigorosa. Stupisce perciò, e non ci trova per niente d’accordo, quanto – secondo resoconti di stampa – avrebbe affermato Carlo Malinconico. Individuare un giusto compenso, anche fissando dei minimi, per le collaborazioni giornalistiche è un obiettivo primario della Fnsi reso chiaro in tutte le sedi, compresa quella dell’ultimo negoziato contrattuale. Quindi non è assolutamente corrispondente al vero, ed incomprensibile, l’idea diffusa dal presidente della Fieg che ci sia un’intesa tra le parti di tipo diverso. Vogliamo sperare che si sia trattato di un grave equivoco o di un incidente dialettico“.
Pronta risposta della Fieg: “Nell’audizione è stato espressamente ricordato che con la recente ipotesi di accordo 8 luglio 2011, Fieg ed Fnsi hanno concordemente assunto l’impegno di costituire una specifica commissione per approfondire il fenomeno, la diffusione e le modalità applicative del lavoro autonomo nel settore giornalistico”.
Nessun incidente dialettico, insomma: tutti d’accordo, a parole, che il nodo prima o poi vada affrontato, ma non nell’ambito della proposta Moffa. Casomai con l’immancabile commissione destinata ad “approfondire” (io direi ad affogare, casomai) l’annosissima questione.
Insomma non c’è davvero più speranza per i freelence, prima ripetutamente traditi dai congressi e ora scavalcati dai precari nelle priorità del sindacato. Per il quale, come dice Siddi, “individuare un giusto compenso, anche fissando dei minimi, per le collaborazioni giornalistiche” sarà pure “un obiettivo primario della Fnsi reso chiaro in tutte le sedi, compresa quella dell’ultimo negoziato contrattuale“. Peccato che il contratto sia stato firmato accettando, anzi subendo, che fosse esclusa qualunque trattazione del lavoro autonomo. E ora la commissione…
Peccato davvero, perchè in un recente passato una soluzione, almeno teorica, ci sarebbe stata. Ci sarebbe stata se l’Fnsi avesse avuto una decente rappresentanza (e la giusta considerazione) dei freelance e quindi avesse potuto legittimamente esprimersi e/o prendere iniziative per loro conto. Ad esempio facendo nascere un organismo autonomo di base a cui affidare la preparazione di un tariffario minimo inderogabile a cui gran parte dei freelance, in quanto appunto rappresentati dalla Federazione, avrebbero potuto e dovuto attenersi. Prevenendo così quelle che oggi sono gli sbarramenti in sede di contratto e le ragionevoli eccezioni della Fieg al progetto di legge Moffa.