Sul sito dell’Ordine dei Giornalisti Enrico Paissan interviene a difesa del provvedimento. Svicola però sul punto nodale: il reddito. No, non quello richiesto per l’accesso all’esame di stato. Ma quello vero, che non c’è: nè per i professionisti, nè per i pubblicisti. Quindi…

No, di “fuoco amico” (amico?) non me lo aveva mai dato nessuno. Ma mi prenderò pure questa, ormai ci sono abituato. Di disinformato talvolta sì, anche se poi è risultato che tanto disinformato non ero. Di strumentale invece non me lo possono dare perchè, come noto, non appartengo a greppie o parrocchie e pertanto non devo portare acqua ad alcun mulino.
Però, sempre nel rispetto delle opinioni di tutti – quando espresse civilmente – sia chiaro, è difficile non sentirsi un po’ presi in giro da quanto giorni fa, sul sito dell’OdG (qui), ha scritto Enrico Paissan, vicepresidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, nel tentativo di fare una (effettivamente problematica) difesa d’ufficio del contestato provvedimento sul cosiddetto “ricongiungimento” dei pubblicisti, licenziato tra la sorpresa generale dal CNOG a metà di marzo.
Non starò a tornare nel merito (chi volesse sapere in dettaglio come la penso vada a vedere qui).
Mi limiterò solo a ricordarne i tre principali punti deboli. Sui quali Paissan non dà risposte.
Primo: la tempistica è molto sospetta, visto che siamo sotto elezioni. La delibera è uscita alla zitta, senza che all’esterno filtrasse nulla e senza una minima consultazione della “base” su una questione così delicata e foriera, com’era evidente anche prima, di forti discussioni.
Secondo: la delibera, dice in sintesi Paissan, è stata approvata nonostante il tentativo di alcuni settori composti, ulteriore elemento di riflessione, da pubblicisti, di far mancare il numero legale. Si è aperto un fuoco di sbarramento, perfino “fuoco amico”, da parte di componenti di maggioranza dell’Fnsi, in contraddizione con il lavoro svolto dai colleghi che al sindacato fanno riferimento. Ora, a me, il fatto che la delibera incontrasse un’opposizione così variegata e trasversale qualche dubbio sulla sua opportunità e sulla bontà del contenuto me l’avrebbe fatto venire, ma a Paissan e a chi l’ha sostenuta, no. Troppo specioso io o troppo sbrigativi loro?
Terzo: l’asserito “reticolo molto stretto e rigoroso proprio per evitare furbizie od abusi“, cioè i requisiti stabiliti per l’accesso al ricongiungimento, mi pare tale più a parole che nei fatti. Infatti bisogna: essere pubblicisti (bella scoperta); svolgere all’atto della domanda attività giornalistica (vorrei ben vedere); aver esercitato in maniera sistematica ed esclusiva attività giornalistica retribuita per almeno 36 mesi nei 5 anni precedenti (come si dimostrano la “sistematicità” e in che consiste la “retribuzione”? Mistero, per ora); presentare documenti attestanti rapporti contrattuali con relativa documentazione fiscale e contributiva (non so come funzioni su Marte, ma sulla terra i “rapporti contrattuali” con i non assunti raramente sono scritti e quindi documentabili, sempre ammesso che i documenti dicano la verità, quindi di che si parla?); consegnare una relazione attestante l’attività svolta (in pratica un’autoasseverazione: ci mancherebbe altro che il candidato si smentisse da solo).
Questo sarebbe il “reticolo molto stretto e rigoroso per evitare furbizie od abusi”. Giudicate voi.
Il tutto viene poi gabellato dai sostenitori del provvedimento, e tanti in buonissima fede abboccano, come una giusta battaglia a favore degli “ultimi“, osteggiati da cattivissimi privilegiati intenti solo a difendere il proprio orticello.
Ora, che tra i contrattualizzati qualche orticello da difendere ci sia, sono il primo ad ammetterlo. Ma sostenere che chi critica l’iniziativa lo faccia solo per egoismo e non perchè, forse, vede anche parecchie cose che non vanno, a cominciare dal perpetuarsi del giornalistificio che indirettamente la delibera sancisce, è parecchio mistificatorio. Che avrebbero le migliaia di professionisti freelance, redattori in bilico, disoccupati, cococo, etc da difendere dall'”assalto” dei pubblicisti, categoria alla quale peraltro molti hanno orgogliosamente appartenuto e contro la quale nulla abbiamo, se non la consapevolezza che oggi quell’elenco obbliga alla convivenza fior di giornalisti e fior di cialtroni?
La verità, caro Paissan e cari sostenitori, più o meno in buona fede, del “ricongiungimento”, è diversa.
E’ appunto che quello dei pubblicisti continua a essere un calderone senza argini dove c’è di tutto ed entra di tutto. Per gran parte di questo “tutto” sarà facile anche saltare sul carro, presuntamente privilegiato, dei professionisti, grazie a un “reticolo” che a sua volta fa acqua da tutte le parti. E’ che la transumanza di massa, cioè il travaso di migliaia di giornalisti da un elenco a un altro, non porterà nulla di buono a nessuno e i problemi reali resteranno esattamente i medesimi di oggi. E’ che il tanto bistrattato “fattore reddito” – impugnato oggi in una pelosa guerra dialettica per contrapporre i giornalisti presunti “ricchi” (si può dire che uno è ricco solo perchè si mantiene facendo il giornalista, senza ricorrere a redditi esterni? Mah…) a quelli “poveri” – è e rimane il nodo centrale da sciogliere.
La nostra è una professione, un lavoro. Serve a vivere. Se non dà reddito, non ci sono professionisti o pubblicisti che tengano: si cambia mestiere.
Allora ben vengano il ricongiungimento e, come dibattevo ieri con un collega che stimo, norme di l’accesso alla professione slegate dal requisito reddituale: a condizione però che sia chiaro che la qualifica di “giornalista professionista” non dà automaticamente diritto a svolgere la professione di giornalista. E che quindi, come già accade tra architetti, ingegneri, medici, agronomi e commercialisti, si possa avere il “tesserino rosso” e dedicarsi, senza vergogna, ad altre attività che, molto più dignitosamente di quanto oggi non ti consenta il giornalismo, ti mettano in grado di mantenere senza troppi patemi la famiglia.
Se ciò fosse pacifico, l’impasse sarebbe superato.
Ma far credere che il passaggio da un elenco a un altro coincida con più lavoro, più soldi e meno precarietà per tutti è pura demagogia.

PS: nulla di personale, è ovvio, con il collega Paissan, nè con altri che si possano sentire chiamati in causa. Apparteniamo solo a diverse scuole di pensiero.