di CARLO MACCHI
Anche in cantina i vini dell’azienda di Montalcino confermano una realtà enoica solida. Resta il “mistero” del Brunello Riserva 2016, che qualcuno ha molto criticato e che a noi continua a sembrare ottimo…

 

Non ero mai andato al Ventolaio e un po’ la cosa mi bruciava, perché questa cantina era entrata prepotentemente nei  radar di Winesurf più di venti anni fa, con uno strepitoso Brunello di Montalcino 2001.

Ho appuntamento ma sono in ritardo. E’ una cosa che non sopporto e così, per quantificarlo e comunicarlo, a Buonconvento metto il navigatore: 38 minuti. Penso che Google sia impazzito ma lui ha (ovviamente) ragione, perché da quando si lascia la statale all’altezza del Passo del Lume Spento a quando si arriva al Ventolaio passano quindici minuti buoni. In questo lasso di tempo, tutto di strada bianca attorno a 400 metri di altezza, vedo tantissimi nuovi vigneti, quasi a perdita d’occhio, molti di questi piantati da cantine importantissime dell’enologia italiana, a dimostrazione che oramai a Montalcino più che il terreno conta l’altezza a cui si pianta.

Al Ventolaio l’altezza c’è (siamo sui 450 metri), tanto che alcune annate dei primi anni 2000 sono state abbastanza sofferte, come in tutte le zone alte di Montalcino. Parlo solo di primi anni 2000, perché la famiglia Fanti è arrivata al Ventolaio negli anni ’90 e quindi i primi Brunello nascono proprio attorno all’inizio del nuovo secolo.

Mi accoglie Maria Assunta Fanti, moglie di Luigi e mamma di Manuele e Baldassarre: gli uomini sono in vigna. Capisco subito però che anche Maria Assunta non disdegna per niente il lavoro di vigna, sebbene il suo mondo sia la cantina, anzi la nuova cantina.

Ma prima della cantina c’è la vigna. Oltra alla vigna vecchia, la prima piantata e che è la mamma di quel 2001 di cui sono rimaste “ben” 2 bottiglie, piano piano sono arrivati a 8 ettari a Brunello, 2 a Rosso di Montalcino, e altri 8 tra Sant’Antimo e IGT. Le esposizioni sono sud/sud ovest con sesti d’impianto che, almeno nelle vigne più vecchie, non si discostano dai 3.000 ceppi per ettaro. “Su questo Luigi non ha mai voluto sentire ragioni. Ultimamente solo in un vigneto i ragazzi l’hanno convinto ad arrivare a 4.000 piante”.

Con il numero di ettari che hanno, gli chiedo quanti operai ci sono in azienda e quando lei mi risponde “uno solo” mi convinco definitivamente che il Ventolaio è davvero un’azienda familiare a 360°. Manuele e Baldassare sono nel vigneto pure di notte, quando serve. Anche se, guardando il loro parco macchine, si avvalgono assai della tecnologia e non disdegnano di usare, per determinati vini, anche una modernissima vendemmiatrice.

Ho parlato di nuova cantina, il regno di Maria Assunta, che da quando ha scelto Maurizio Castelli come tecnico è ancora più coinvolta e convinta del suo lavoro. Nuova cantina sia come struttura che come macchinari: quasi tutto acciaio, con due sole grosse vasche in cemento che servono soprattutto per i tagli. Fermentazioni  molto tradizionali con macerazioni che possono arrivare anche a 45 giorni. Ogni vigna ha la sua vasca e quindi ho potuto farmi un quadro della vendemmia 2022 prima che andasse in legno.

La cosa che mi ha stupito in questi vini grezzi è l’assoluta mancanza di sentori troppo maturi al naso: frutta rossa e nera matura c’è, ma con sensazioni fresche e in diversi casi fini note floreali. I tannini sono netti, ben definiti, per niente amari e una sottesa freschezza fa da contraltare ad un corpo in qualche caso molto importante. Non sembra assolutamente la 2022 calda, asciutta, sicuramente difficile che abbiamo vissuto da pochi mesi, segno che oramai i produttori riescono a salvaguardare sempre meglio sanità e maturazione dell’uva anche in annate “estreme”.

L’assaggio delle ultime annate prodotte mi conferma che oramai il Ventolaio è perennemente sulla strada della qualità e se andate a dare un’occhiata ai voti della nostra guida vini ne avrete conferma.

Per quanto riguarda i vini mi soffermerò soprattutto su quelli che noi non degustiamo per la guida medesima.

Il primo è lo Spiffero 2021, un rosato di Sangiovese dal classico colore scarico provenzale ma dal nerbo tutto toscano. Frutta di bosco al naso e soprattutto sapidità e decisione al palato. Per niente accondiscendente.

l’IGT Toscana Sentiero del Fante è un “rosso d’ingresso” (viene venduto in cantina a 10 euro) da provare per la finezza aromatica da vino superiore e un corpo di ottima profondità, sempre giocato su tannini dolci con sapidità in prima fila. Un vino che mi ha sorpreso piacevolmente.

Ho riassaggiato anche i Brunello 2017 nonché la Riserva 2016 e su questo c’è stato un “giallo” che mi sembra abbia bisogno di un approfondimento.

In degustazione bendata è stato da noi considerato la migliore Riserva 2016 e, con il suo punteggio di 90 punti (per noi un punteggio molto alto), è tra i migliori dodici rossi italiani. Mentre la riassaggio Maria Assunta assume un’aria strana e mi racconta che un importante giornale estero non solo ha valutato questo vino con un voto bassissimo, ma ha anche detto che “non era adatto nemmeno per fare Brunello base”.

Indubbiamente noi di Winesurf abbiamo un sistema di valutazione diverso da tante altre guide o giornali italiani e esteri ma, avendo il vino nel bicchiere e non volendolo per forza lodare non si può però negare che abbia struttura, profondità, eleganza come minimo al pari di tante altre Riserva 2016 e che anche al naso incarni perfettamente il Sangiovese di Montalcino. Lo riassaggio due e tre volte, cerco di trovarci dei difetti o dei punti deboli ma non ci riesco: è un gran vino!

A questo punto mi rivolgo a voi lettori o ai colleghi per avere un giudizio su questa Riserva 2016. Se l’avete già assaggiata, o se vi capita (ma vi consiglio di farlo capitare…), assaggiatela e fatemi sapere.

Lascio Maria Assunta, la famiglia Fanti e il Ventolaio con la consapevolezza di avere appena visitato una delle certezze enoiche meno conosciute  di Montalcino.

 

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