di ROBERTO GIULIANI
Cabernet sauvignon e di Syrah, affinato 2 anni in anfore di ceramica fatte a mano, non filtrato né chiarificato: il rosso 2019 di Vecchio Poggio è un piccolo capolavoro laziale sospeso tra intensità e bevibilità.
Il Lazio è una regione piena di contraddizioni. Non è l’unica, certo. Ma io che ci vivo soffro particolarmente della forte difficoltà a fare gruppo, non solo tra produttori bensì tra chi dovrebbe promuovere i territori sul piano dell’accoglienza, dei servizi e dell’enogastronomia. Non è che non manchino gli eventi, ma spesso e volentieri sono squisitamente locali, per la gente del posto. E questo è grave tanto più se consideriamo che negli ultimi vent’anni la qualità dei vini e dei prodotti alimentari è cresciuta sensibilmente, basterebbe farsi un giro per le cantine dei Castelli Romani per capire quanto siano cresciute denominazioni di origine come Frascati e Montecompatri Colonna. Sono cresciute anche le aree intorno a Cori (LT), in quelle del Cesanese (del Piglio, di Olevano Romano e di Affile), nella Tuscia viterbese (dove al contrario, grazie anche agli sforzi di Carlo Zucchetti, la promozione non manca), nell’alto Reatino e nel Frusinate. Ci sono ottime aziende in tanti piccoli comuni che fuori regione sono praticamente sconosciute, come Zagarolo, Cerveteri, Sutri, Vignanello, Tarquinia e potrei andare avanti a lungo.
Stavolta ho deciso di soffermarmi su una realtà del Frusinate, Il Vecchio Poggio, per la precisione a Isola del Liri, un borgo che vale la pena visitare, con una doppia cascata (formate da due bracci del fiume Liri, a sinistra la Cascata Grande proprio al centro del paese, verticale e alta quasi 30 metri, a destra la Cascata del Valcatoio, più inclinata e utilizzata per alimentare un impianto elettrico) e il bellissimo Castello Boncompagni Viscogliosi.
Sulla collina sovrastante, a 340 metri di altitudine dimora l’azienda di Amedeo e Graziella, nata nel 2017 ma legata alla viticoltura dagli anni ’60, quando la famiglia di Amedeo possedeva un vigneto e una casa colonica. Amedeo ha assistito fin da piccolo alle vendemmie, si è abituato all’odore del mosto e ha portato dentro di sé il segno indelebile del suo futuro.
Oggi insieme a Graziella e con la collaborazione del bravo enologo Gennaro Reale, una mia vecchia conoscenza, conduce meno di un ettaro di vigna, impiantata fra il 2008 e il 2015, dapprima 800mq di Cabernet sauvignon e Malvasia di Candia, esclusivamente per la famiglia, ma un bel “test” per capire le caratteristiche del terreno e la sua vocazione per la coltivazione della vite.
Nel 2013 un secondo impianto, questa volta a scopo produttivo, con Syrah, Cabernet sauvignon e Riesling, scelte non casuali, ma dettate da vecchie passioni di Amedeo e anche dalla disponibilità dei vivai della zona.
L’impostazione è stata da subito biologica, in vigneto si usa il sovescio e la lavorazione meccanica; recentemente si sono aggiunti vitigni più vicini alle tradizioni del territorio come il Lecinaro, la Passerina e l’Angelica, un vitigno locale praticamente scomparso di cui sono riusciti a recuperare 200 barbatelle, da utilizzare a scopo di studio.
Allevamento a spalliera con potatura che segue il metodo Simonit e Sirch, cordone speronato per le uve rosse e Guyot monolaterale per quelle bianche, con rese tra 60 e 80 quintali per ettaro.
Al momento vengono prodotti 4 vini, io ho scelto per voi il rosso Puddinga 2019 (dal nome della pietra calcarea che avvolge le radici delle viti) 2019, un Cabernet sauvignon, con una quota del 15% di Syrah, affinato per 2 anni in anfore di ceramica fatte a mano di Francesco Tava, non viene né filtrato né chiarificato.
Nel calice mostra un bel colore rubino profondo ma non eccessivamente concentrato, il bouquet è pulitissimo, la classe di Gennaro si fa sentire subito, non c’è forzatura alcuna, i profumi richiamano immediatamente frutti carnosi, prugna, ribes nero, mora selvatica, sbuffi di cacao e liquirizia, ematite, leggero tabacco, ma anche richiami a fiori rossi macerati, molto piacevole.
All’assaggio arriva quel tocco speziato offerto dal Syrah, che richiama il pepe ma anche il cardamomo; tannino fine e ben integrato, giusta freschezza e una vena salina che accentua la profondità del finale. Un vino segnato da due aspetti apparentemente in antitesi, ovvero intensità e bevibilità, viene voglia di berne ancora e ancora, lo trovate poco sopra i 20 euro, non fatevelo scappare!
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