di ANDREA PETRINI
L’Etna Rosso 2020 di SRC Vini, riflette i precetti di un genio della grafica come Bruno Munari e brilla di una naturalità propria che lo rende immediato e popolare.

 

La voglia è nata più di dieci anni fa circondati da un territorio unico e, a quel tempo, forse ancora poco inflazionato.

Randazzo, nel versante nord dell’Etna, ha una bellezza a cui non si può resistere e soprattutto un terroir dalle grandi potenzialità se si vuole produrre vino nudo e crudo, senza sovrastrutture, assecondando la natura.

Non potevano aspettare oltre Rori Parasiliti, sua moglie Cinzia Baraldi e la loro figlia Sandra. Così nel 2012, partì il progetto SRC Vini, che è una doppia contrazione senza vocali, ma foneticamente efficace,  sia delle iniziali di Sandra, Rori e Cinzia, sia “esserci“, nel sensop di una famiglia che c’è e punta, più che alla forma, alla sostanza.

L’essenzialità e l’anima contadina si esprimono già nei 15 ettari di vigneti, dislocati in varie parcelle tra Randazzo, Castiglione di Sicilia e Milo, tra i 650 e i 1000 metri s.l.m., dove tutte le lavorazioni sono effettuate manualmente, al massimo due volte l’anno, trattando solo con elementi naturali come zolfo, farina di roccia e propoli.

Vecchie viti, allevate ad alberello e a spalliera, dove troviamo piante di Nerello mascalese, Grenache, Carricante, Coda di volpe, Insolia e Minnella contenuti da muretti a secco immersi in un contesto ricco di biodiversità grazie alla presenza di oliveti, frutteti e macchia mediterranea.

Questo approccio “naturale” in vigna, ovviamente, lo ritroviamo anche in cantina, dove Rori cerca di essere il meno interventista possibile grazie a fermentazioni spontanee, minimo uso di solforosa ed evitando processi di chiarifica, filtrazioni e travasi. “Less is more” potrebbe essere il motto di questa cantina, che attualmente produce circa 30.000 bottiglie per otto etichette, tutte capaci di restituire l’anima ruvida e profonda di un terroir etneo, al di fuori dalle classiche convenzioni enologiche.

Ultimamente, grazie ad Federico Latteri e Titti Casiello, ho potuto degustare tutta la produzione di SCR Vini, tra cui uno splendido “Rivaggi” Etna Rosso 2020 che, a mio giudizio, per espressività e piacevolezza, ha superato le mie migliori aspettative.

Blend di Nerello mascalese (90%) ed altre uve autoctone (10%) provenienti da un appezzamento di 4 ha sito a Castiglione di Sicilia (contrada Crasà), prodotto in circa 13.000 bottiglie, si fa apprezzare per la sua gioviale immediatezza grazie a sensazioni di mammole, ciliegie, fragoline di bosco, ribes fuse a lievi cenni speziati che rendono il naso, ma soprattutto il sorso, un elogio alla freschezza e alla bevibilità, con un tannino gentile e una sapidità che spalanca la strada, liberando le briglie e rendendo questo Etna Doc più “popolare“.

Per descriverlo mi è venuta in mente una frase di Bruno Munari, tra i massimi protagonisti dell’arte, del design e della grafica del XX secolo, che una volta ha detto: “complicare è facile, semplificare è difficile. Per complicare basta aggiungere, tutto quello che si vuole: colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose. Tutti sono capaci di complicare. Pochi sono capaci di semplificare“.

 

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