di ROBERTO GIULIANI
Brunello 2014 Podere San Lorenzo: con buona pace dello scarso rating ottenuto da quell’annata (un meccanismo autolesionistico da cui bisognerebbe cominciare ad uscire) questo vino è un’autentica sorpresa di cui fare scorta.

 

Erano tre anni che non andavo a trovare Luciano Ciolfi a Montalcino. Ho colto l’occasione quando mi ha riferito che stava facendo fare i lavori di ristrutturazione per una nuova cantina.

Dopo avere assaggiato, come di consueto, i vini dalle botti (a proposito, la 2019 è fantastica ma le 2020 e 2021 promettono faville), più i Brunello dalla 2017 alla 2014, i Brunello Riserva 2017 e 2016, il Rosso 2020 e il Rosato 2021 (non ce n’è quasi più), ciò che mi ha maggiormente colpito, forse perché il meno prevedibile, è stato il Brunello di Montalcino 2014.

Diciamo infatti che anche a Montalcino hanno finalmente capito che assegnare le stelle alle annate è più dannoso che utile, ma soprattutto quasi mai veritiero. Nel senso che quel territorio ha una superficie di quasi 250 km quadrati con altitudini, esposizioni, composizioni dei terreni, microclimi estremamente eterogenei. Qualunque valore venga dato a un’annata, in un contesto del genere, non può andare bene per tutti, o almeno non sempre. Nel caso della 2014, l’immagine che le era stata data a livello nazionale è decisamente negativa, con tutto ciò che ne consegue sulla vendite dei vini.

Il nostro Paese è troppo diversificato perché si possa appiccicare un valore univoco a un’annata e chi ne viene penalizzato poi sono soprattutto i piccoli, che non hanno certo la fila di distributori pronti a prendersi tutto alla cieca.

Infatti la 2014 a Luciano era venuta non bene, ma di più. Tanto da avermi detto lui stesso che “se c’è un’annata di cui vado davvero orgoglioso è questa. Non la rifarei, perché è stata davvero dura, ma quello che sono riuscito a ottenere è un signor vino! Peccato che farlo capire al mercato è un’impresa”.

Aveva ragione da vendere.

Infatti questo 2014 io me lo sono portato a casa, colpito dall’assaggio in loco, soprattutto pensando che ha otto anni e non gliene può fregare di meno. Sì, perché la prima cosa che ho notato è la freschezza, il tono vivace. Non solo: la struttura è solida, un Brunello a tutti gli effetti, di carattere, con un bel frutto maturo e una liquirizia invitante, ma anche richiami all’arancia sanguinella, in un contesto che manda segnali di un percorso non ancora giunto all’apice. Il sorso è intenso, succoso, il tannino privo di tensioni irrisolvibili, c’è movimento e un succedersi di spezie fini, persino tabacco e cuoio, menta, ma sempre in un fraseggio vitale, non decadente.

Fossi in voi, se non lo trovate al ristorante, ne ordinerei qualche bottiglia. Quelli più giovani possono aspettare, tanto i vini di Luciano invecchiano molto più lentamente di lui, credetemi…

 

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