di LORENZO COLOMBO
Il Venegazzù è un vino italiano tra i pochi inclusi nel Wines of the World di A. Simon. E il “Della Casa” di Loredan Gasparini è solo meno famoso, ma non meno interessante, del “Capo di Stato” della stessa azienda e amato da De Gaulle. Qui l’assaggio e tutta la storia.

 

Venegazzù è una frazione del comune di Volpago del Montello (TV) e pure una sottozona e tipologia della doc  Montello-Colli Asolani (che sarà in futuro ridenominata Montello Asolo – Asolo Montello).

Il disciplinare prevede 17 tipologie di vino tra bianchi, rossi e spumanti, ma il Venegazzù può essere unicamente rosso e fatto con una prevalenza di Cabernet sauvignon, da un minimo del 50 a un massimo del 70%. Gli altri vitigni utilizzabili sono Cabernet franc, Carmenère e Merlot, minimo 30 e massimo del 50%, questo sia singolarmente che congiuntamente. E’ inoltre permesso utilizzare sino al 15% di altri vitigni a bacca rossa. In pratica, è un tipico “taglio bordolese”.

Tutte le specificità normative riservate al Venegazzù hanno una ragione antica e riconosciuta, sulla quale vale la pena di spendere due parole.

Nel 1967, il novantenne, André Louis Simon (definito da Hugh Johnson “il leader carismatico del commercio del vino inglese per quasi tutta la prima metà del 20° secolo”, agente di Pommery in Inghilterra già nel 1902 e fondatore nel 1908 del Club del vino da cui sarebbe nato l’Istituto dei Masters of Wine. pubblicò il famoso “Wines of the World”, uno dei suoi 104 libri (!). Amava dire che “un uomo muore troppo giovane se lascia del vino nella sua cantina“: infatti scomparve a 93 anni lasciando solo due magnum, tra cui uno Chateau Latour 1945 messo da parte per il suo 100°.

Ebbene, la terza edizione “Wines of the World”, pubblicata in italiano nel 1985 da Vallardi, conteneva una sezione dedicata ai vini italiani, cosa rara a quei tempi e, parlando della provincia di Treviso, menzionava solamente tre vini, tra cui il Venegazzù: “In questa zona è stato prodotto per decenni – si legge – uno dei più fini vini d’Italia, il Venegazzù del conte Piero Loredan, fatto con Cabernet franc, Cabernet sauvignon, Merlot, Malbec e Petit verdot, che viene invecchiato per tre anni in fusti”. Un’altra citazione si trova nella Guida ai Vini d’Italia di Mondadori del 1980: nella categoria Vini da tavola con Indicazione Geografica c’è il “Venegazzù Rosso – Cabernet sauvignon, Cabernet franc, Malbeck e Merlot”.

L’azienda Loredan Gasparini dal 1973 è di proprietà di Giancarlo Palla.

Qui vogliamo parlare del suo vino meno famoso, ma non meno interessante: il “Della Casa” annata 2016. Che ovviamente non ha niente a che fare con quello sfuso servito nelle trattorie.

Il Montello-Colli Asolani Venegazzù “Della Casa” è un prodotto sin dagli anni ‘50 con le migliori uve di Cabernet sauvignon, Merlot, Cabernet franc e Malbec e rappresenta in pieno il terroir di Venegazzù.

L’attuale uvaggio prevede 70% Cabernet Sauvignon, 15% Merlot, 10% Cabernet Franc e 5% Malbec. La fermentazione si svolge in vasche d’acciaio e l’affinamento in botti grandi per 36 mesi, ai quali ne seguono ulteriori 10 di sosta in bottiglia.

Il colore è granato compatto, di buona intensità.
Intenso al naso, balsamico ed elegante, dove un bel frutto rosso che rimanda alla ciliegia ed ai mirtilli è venato da note vegetali di sedano e peperone. Molto fresco alla bocca, succoso, con spiccata vena acida, il frutto rosso è nuovamente pervaso da piacevoli note vegetali, con trama tannica che ricorda a tratti la pellicina di castagne, lungo ed elegante il suo fin di bocca. Un vino che esprime appieno l’assoluta particolarità e specificità dei cosiddetti “bordolesi veneti”, sempre caratterizzati da quella vena vegetale che se ben gestita li rende complessi ed eleganti.

Vi chiederete a questo punto perché lo abbia definito il vino aziendale “meno famoso”.

Perché il vino più famoso è certamente il “Capo di Stato” Doc Montello-Colli Asolani Venegazzù Superiore.

La sua fama (e il nome) pare derivare dal fatto che fu molto apprezzato dall’allora presidente francese Charles De Gaulle, che lo aveva assaggiato al Gritti di Venezia scambiandolo per Bordeaux. Saputolo, il produttore Piero Loredan fece realizzare due etichette ad hoc dal pittore Tono Zancarano con le frasi “des roses pour madame” e “…et pour Monsieur la Bombe” ed inviò a De Gaulle due bottiglie.

 

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