di KYLE PHILLIPS.
Proprio il contrario della neve – bianca, gelida e soprattutto tanta – che ieri ha lasciato per tutto il giorno il sottoscritto senza corrente e, quindi, senza pc. Grazie a Kyle che a tempo di record ha accettato di sostituirmi questo giovedì. Noi ci rileggiamo la settimana prossima. Buon espresso! Stefano.

Il mondo è bello perchè è vario: ognuno si appassiona per qualcosa e Enrico Maltoni per le macchine da caffè. Non soltanto le moca, sebbene ne abbia tante anche di quelle, ma per le macchine da bar, sia quelle attuali che le loro antenate. Ne ha centinaia e fa anche presentazioni.
Le prime macchine capaci di produrre grandi quantità di caffè, ci ha raccontato, sono state costruite nel tardo 1800, mentre la prima macchina per fare il caffè espresso, utilizzando la pressione del vapore per far passare l’acqua attraverso la miscela di caffè, è stato costruito nel 1901 dall’ingegner Luigi Bezzera.
Era una macchina imponente, una alta colonna di acqua scaldata a bollore (c’era una valvola di sicurezza) con sostenitori per le tazze ai lati. Funzionava bene, e macchine basate sul disegno dell’ingegnere si diffusero rapidamente, sebbene fossero abbastanza costose ché soltanto locali di un certo livello, principalmente nelle grandi città, se le potevano permettere. Entro breve tempo tutti i locali di moda offrivano caffè espresso, preparato da un barista che aveva come compito principale la sorveglianza della macchina per l’espresso.
Compito da eseguire con cura, perché le macchine basate sul progetto dell’Ingegner Bezzera potevano anche esplodere (e l’esplosione di una nel 1946 fece abbastanza scalpore da figurare in un disegno sulla copertina de La Domenica Del Corriere).
Il caffè delle macchine dell’Ingegner Bezzera era del tutto simile a quello che si ottiene a casa con una Moca o una caffettiera napoletana: forte, nero e amaro.
Nel 1946 Achille Gaggia ebbe un’intuizione e costruì una macchina dotata di cilindri capaci di spingere l’acqua bollente attraverso la miscela di caffè con una pressione di circa 8 atmosfere, producendo un caffè cremoso. Caratteristica rivoluzionaria, questa, e infatti le prime macchine a pistone recano lo scritto Caffé Crema Naturale.
Queste macchine richiedevano un notevole sforzo fisico, e l’introduzione, agli inizi degli anni 60, di macchine dotate di motori elettrici per azionare i pistoni dev’essere stato accolto con sollievo dai barristi. Adesso, grazie alle nuove tecnologie, il barista può preparare ciascuna tazzina in base al gusto del cliente.
Abbiamo fatto tanta strada dal 1901. Ed è cambiata anche l’ubicazione della macchina. Le prime macchine per il caffè erano opere d’arte disegnate da stilisti, con ottone e cromature ben lucidate, poste sul bar, fra il barista ed il cliente. Anche le prime macchine a pistone erano posizionate allo stesso modo, ma le cose sono cambiate negli anni 60, con l’utilizzo di materie meno pregiate (la plastica compare negli anni 80). Durante questo periodo è cambiata anche la posizione della macchina (non più al centro dell’attenzione, ma dietro al bar); lo spostamento ha liberato il bar in modo che più clienti possano prendere il caffè contemporaneamente, e, credo, permesso un rapporto più stretto fra barista e cliente, non più separati dalla macchina.
Per ulteriori informazioni, ed un numero impressionante di immagini, vi rimando al sito di Enrico Maltoni.

Pubblicato in contemporanea su