La Regione Toscana ha attribuito ieri il suo più ambito riconoscimento all’enologo piemontese, l’inventore del Sassicaia moderno. Sarebbe il caso di dare il prossimo a chi, senza essere enologo, ha “insegnato” il Sangiovese al mondo. Enologi compresi.

L’idea è venuta (qui) al suo biografo e paladino, nonchè nostro amico e collega Carlo Macchi: possibile che la Regione Toscana abbia dato il suo massimo riconoscimento, il “Pegaso d’Oro“, a Giacomo Tachis, il grande enologo piemontese che negli anni ’70 inventò il Sassicaia, e non abbia mai pensato di darne uno al compianto Giulio Gambelli, il “maestro” che ha insegnato a tutti (enologi compresi, lui che enologo non fu mai, nemmeno honoris causa) il vitigno principe dell’enologia toscana, cioè il Sangiovese? Mobilitiamoci!
Giusto. Anzi, giustissimo.
Mi unisco dunque all’appello del Macchi sia a titolo personale, sia come membro del gruppo IGP, sia come presidente di Aset, l’associazione dei giornalisti enogastroagroalimentari toscani (qui).
Non a caso, dal 2012 Aset e IGP organizzano, proprio su idea di Carlo Macchi, il premio “Giulio Gambelli” (qui) che premia il “miglior enologo italiano under 35” e per il quale le “nominations” per l’edizione 2014 sono in pieno svolgimento.
E, sempre tutt’altro che a caso, il premio è sostenuto dai tre consorzi del Chianti Classico, del Brunello di Montalcino (che quest’anno a febbraio ospiterà la cerimonia di premiazione durante Benvenuto Brunello) e del Nobile di Montepulciano. Con qualcun altro in attesa di entrare nel gruppo.
Nel suo appello, Macchi ha invitato chiunque sostenga l’obbligo morale di dare a Gambelli il Pegaso d’Oro alla memoria a scrivere al governatore Enrico Rossi.
Io credo si debba fare di più e, dopo essersi mobilitati, ci si debba organizzare in un comitato. Presieduto da Carlo Macchi, ovviamente.
Charlie, siccome so che ci sei, batti il fatidico colpo.